lavorare come massaggiatore, operatore olistico o escort, regolarizzazione e partita iva
lavorare come massaggiatore, operatore olistico o escort, regolarizzazione e partita iva
Oggi esaminiamo una materia alquanto complessa legata a tutti quegli operatori che esercitano come massaggiatori, massaggiatrici, operatori olistici, escort etc ovviamente non legati strettamente alla tipologia che queste prestazioni comportano ma con un senso allargato della modalità della prestazione.
L’ispirazione ci viene da un articolo apparso in un giornale che faceva riferimento al foglio di via obbligatorio nei confronti di Escort extracomunitaria. Il punto è questo:
- una escort che non è regolarizzata ai fini fiscali con partita Iva e dichiarazione dei redditi può essere mandata via dall’Italia?
- E inoltre come viene tutelato il suo patrimonio personale ( autovettura, immobili, proprietà a vario titolo ) in caso di accertamento fiscale?
- Quanto rischia la escort/massaggiatrice al pari di qualsiasi altra attività esercitata in regime di completa evasione fiscale?
Analizziamo quindi l’argomento eliminando tutte le attività che vengono invece esercitate nella piena legalità sia amministrativa che fiscale ( centri messaggi regolari ) evidenziando invece tutte quelle attività che anche se vengono presentate come prestazioni normali, finiscono poi per tramutarsi in attività di sesso a pagamento.
Iniziamo con il dire che in Italia, il sesso a pagamento non costituisce reato se non viene collocato al di fuori delle fattispecie penalmente rilevanti come quelle di sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione o esercizio di casa di prostituzione. Quindi l’argomento oltre ad assumere rilevanza ai fini fiscali per eventuali evasioni di reddito ed di Iva deve essere affrontato a livello giuridico per analizzare se sussistano fattispecie evidenziate precedentemente in merito alla tipologia dell’attività esercitata.
Facciamo un esempio classico:
- se inserisco un annuncio per proporre la mia attività di sesso a pagamento non commetto reato in quanto si tratta di me ma commetto evasione fiscale se incasso il ricavato della prestazione in nero.
- se invece gestisco un portale ( non pubblicitario) o un sistema mediante il quale fornisco informazioni o direttamente la persona che materialmente eseguirà prestazioni di sesso a pagamento sarò responsabile di due reati: Sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione ( penalmente rilevante) mentre le somme che incasso costituiscono evasione di Iva e di reddito.
Tralasciando l’aspetto meramente giuridico che non è di nostra competenza in questa sede affrontiamo invece la problematica dal punto di vista fiscale.
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Massaggiatrice/Escort: Come aprire la partita iva e tutelare il patrimonio immobiliare ed i risparmi sul conto corrente
L’attività di massaggiatrice o accompagnatrice/Escort può essere oggetto di apertura di partita Iva e le prestazioni relative seguono i normali regimi ivi previsti ( forfettario senza Iva o ordinario assoggettabile ad Iva) secondo gli specifici parametri di “fatturato” conseguiti nell’anno pertanto in questi casi è sempre consigliabile aprire partita iva, tenere la contabilità e dichiarare i relativi redditi al fisco.
Chi non si adegua corre il rischio di essere inquadrato come evasore fiscale e subire avvisi di accertamento ai fini Irpef che possono colpire l’auto personale, beni mobili e immobili o proprietà possedute ovvero pignoramenti anche su liquidità detenuta sui conti correnti.
Se si verifica poi il caso in cui venga superata la soglia dei 30.000 (Irpef, ma anche: omesso versamento, omessa dichiarazione, etc..) per singola annualità si configura facilmente il reato tributario con raddoppio dei termini a dieci anni/dodici anni, con il diritto in capo alla Agenzia delle Entrate di emettere avviso di accertamento avverso per le annualità pregresse.
Attenzione: in presenza di accertamenti bancari, è onere del contribuente dimostrare che i proventi desumibili dalla movimentazione bancaria non debbono essere recuperati a tassazione o perché egli ne ha già tenuto conto nelle dichiarazioni o perché non sono fiscalmente rilevanti, in quanto non si riferiscono ad operazioni imponibili.
Per tutti questi motivi, sarà opportuno farsi assistere da un consulente specializzato nella guida alla apertura della Partita Iva e alla gestione della fatturazione.
Cosa dice la giurisprudenza:
Estratto della Cassazione Sezione Tributaria Sentenza 2 marzo – 13 maggio 2011, n. 10578 (Presidente D’Alonzo – Relatore Sambito)
Svolgimento del processo
Con avviso di accertamento relativo ad IVA ed IRPEF per l’anno d’imposta del 1999, è stata contestata a M. A. Z. la mancata contabilizzazione e dichiarazione dei ricavi da lavoro autonomo, in aggiunta ai redditi da lavoro dipendente, da lei svolto presso alcuni locali notturni, quale ballerina. La CTP di Sondrio ha accolto il ricorso della contribuente e l’appello dell’Ufficio e stato rigettato dalla CTR della Lombardia, con sentenza n. 35/31/05, depositata il 31.3.2006, sul rilievo che competeva all’Amministrazione finanziaria di provare la ricorrenza dell’attività lavorativa autonoma, prova che non poteva esser desunta dagli accrediti annoiati nei conti correnti della contribuente, la quale aveva, ad ogni modo, giustificato la percezione del denaro in riferimento a rapporti amicali o sentimentali, da lei intrattenuti. La CTR ha, inoltre, affermato che i proventi derivanti dall’esercizio della prostituzione non costituiscono reddito assoggettabile a tassazione.
Con tale disposizione, alla quale va attribuita efficacia retroattiva (Cass. n. 13213/2007, n. 18111/2009, n. 37/2010), per esser stata emanata in espressa deroga al principio di irretroattività delle disposizioni tributarie, sancito dalla L. n. 212 del 2000, art. 3, è stato introdotto nell’ordinamento il principio, di carattere generale, della tassabilità dei redditi per il fatto stesso della loro sussistenza, a prescindere dalla loro provenienza, e, dunque, dalla sussumibilità della relativa fonte in una delle specifiche categorie reddituali di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 6, essendo normativamente considerati, in via residuale, come redditi diversi. Se tali redditi sono però continuativi nel tempo sorge l’obbligo dell’apertura della partita Iva come per qualsiasi altra attività esercitata non occasionalmente ma in maniera continuativa.
I n queste situazioni vale il principio secondo il quale i singoli dati ed elementi risultanti dai conti correnti bancari vanno ritenuti rilevanti ai fini della ricostruzione del reddito imponibile, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, se il titolare del conto non fornisca adeguata giustificazione, a prescindere dalla prova preventiva che il contribuente eserciti una determinata attività, e dalla natura lecita o illecita dell’attività stessa.
La natura dell’attività svolta è rilevante, invece, ai fini dell’ IVA, che, in base al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 1 “si applica sulle cessioni dei beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio d’imprese o nell’esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuale”.
A questo quindi si uniforma l’assoggettabilità ad IVA dell’attività di sesso a pagamento, quando sia autonomamente svolta dal prestatore, con carattere di abitualità: seppur contraria al buon costume.
La qualificazione del ” sesso a pagamento” in termini di “prestazione di servizi retribuita” risulta, peraltro, già, affermata dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee nella sentenza n. 268 del 20.11.2001, in causa C-268/99, in cui la Corte muovendo dalla giurisprudenza, costante, secondo la quale una prestazione di lavoro subordinato o una prestazione di servizi retribuita dev’essere considerata come attività economica ai sensi dell’art. 2 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 2 CE), purché le attività esercitate siano reali ed effettive e non tali da presentarsi come puramente marginali e accessorie, ha affermato che “la prostituzione costituisce una prestazione di servizi retribuita”, che rientra nella nozione di “attività economiche”.
Anche per il sesso a pagamento quindi si può aprire una partita iva e pagare le tasse: è sufficiente che, insieme alle prestazioni sessuali, vengano svolte una serie di altre attività quali massaggiatrice, hostess e simili che, essendo riconosciute, sono tassabili.
L’attività della escort può essere qualificata come lavoro autonomo, e quindi tassata, non in relazione alla vendita del proprio corpo, cioè alla prestazione sessuale in cambio di denaro, ma in base a tutta una serie di attività strettamente correlate alla prostituzione in sé: ad esempio, massaggiatrice, hostess/accompagnatrice. Tali attività, identificate come servizi alla persona altrimenti non qualificabili, sono riconosciute dalla legge e quindi tassabili.
Ciò consente, ad esempio, di scaricare dalle tasse i costi del materiale utilizzato nell’attività lavorativa: si pensi ai costi del lettino per i massaggi.
In definitiva, quindi, le escort non possono essere regolarizzate in quanto escort, ma in quanto accompagnatrici o massaggiatrici, con la possibilità di scaricare dalla tasse tutti i beni inerenti alle suddette attività.