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Esenzione Imu Enti no profit – enti religiosi
L’esenzione Imu ( e tasi) si basa sulla risoluzione del Ministero dell’Economia e delle Finanze 3 dicembre 2012 n. 1/DF, che ha chiarito alcuni aspetti inerenti all’esenzione IMU prevista per gli enti non commerciali che svolgono la propria attività senza scopo di lucro.
La stessa ha infatti identificato le modalita per l’esenzione stabilendo che è prevista solo per gli immobili destinati “esclusivamente” allo svolgimento di attività con modalità non commerciali.
Il regolamento emanato con decreto ministeriale 19 novembre 2012 n.200, ha definito all’art.3 i requisiti necessari per qualificare le attività non profit come svolte con modalità non commerciali.
I requisiti generali sono:
- a) il divieto di distribuire utili o avanzi di gestione a soci, amministratori, ecc;
- b) l’obbligo di reinvestire gli eventuali utili o avanzi di gestione per il perseguimento delloscopo istituzionale;
- c) l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente, in caso di suo scioglimento, in favore di altroente che svolga un’analoga attività istituzionale;
L’ente, ai fini dell’esenzione, deve prevedere tali requisiti nello Statuto, da adeguare eventualmente entro il 31 Dicembre 2012, o (per gli enti ecclesiastici che non hanno Statuto) in un Regolamento redatto in forma di scrittura privata registrata, da tenere a disposizione dei comuni, ai fini dell’attività di accertamento e controllo.
L’estensione dell’esenzione anche agli immobili ad utilizzazione mista (istituzionale e commerciale), seppure pro quota, secondo determinati rapporti di proporzionalità, sarà possibile solo a partire dal periodo di imposta 2013.
L’art. 7, comma 1, lettera i), del D.Lgs. n. 504 del 1992, riconosceva l’esenzione dall’ICI a “gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’art. 87, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, e delle attività di cui all’art. 16, lettera a), della l. 20 maggio 1985, n. 222”.
La suddetta esenzione veniva riconosciuta quando ricorrevano contemporaneamente:
- un requisito di carattere soggettivo, rappresentato dal fatto che l’immobile deve essere utilizzato da un ente non commerciale di cui all’art. 73 (ex art. 87), comma 1, lettera c) del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante il Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR);
- un requisito di carattere oggettivo, in base al quale gli immobili utilizzati devono essere destinati esclusivamente allo svolgimento delle attività tassativamente elencate dalla norma e dette attività non devono avere esclusivamente natura commerciale.Per quanto riguarda il requisito soggettivo, occorre precisare che l’art. 73, comma 1, lettera c), del TUIR, fornisce la nozione di enti non commerciali, individuandoli negli “enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali”.
La norma in esame prevede, dunque, che nell’ambito degli enti non commerciali possono essere compresi:
- gli enti pubblici, vale a dire gli organi, le amministrazioni dello Stato e gli enti territoriali;
- gli enti privati, cioè gli enti disciplinati dal codice civile (associazioni, fondazioni e comitati) e gli entidisciplinati da specifiche leggi di settore.
Occorre precisare che nell’ambito degli enti privati non commerciali vanno ricompresi anche gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti secondo le previsioni dell’Accordo modificativo del Concordato Lateranense (legge 25 marzo 1985, n. 121 per la Chiesa cattolica) e delle intese tra lo Stato italiano e le altre confessioni religiose.
Affinché venga rispettato il requisito oggettivo richiesto dall’art. 7, comma 1, lettera i) del D. Lgs. n. 504 del 1992, occorre che gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali devono essere in concreto destinati esclusivamente allo svolgimento delle attività:
- assistenziali
- previdenziali
- sanitarie
- didattiche
- ricettive
- culturali
- ricreative
- sportive
- e delle attività indicate dall’art. 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222, vale a dire le attività di religione e di culto, che sono “quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi a scopi missionari alla catechesi, all’educazione cristiana”.
Bisogna innanzitutto sottolineare che ai fini del riconoscimento dell’esenzione la Corte di Cassazione in varie sentenze (Cfr.: sentenze n. 10092 del 13 maggio 2005, n. 10646 del 20 maggio 2005) ha affermato che non rileva l’attività indicata nello statuto dell’ente, anche se rientrante tra quelle agevolate, ma l’attività effettivamente svolta negli immobili.
Le attività meritevoli di usufruire del regime di favore in materia di ICI erano:
- a) Le attività didattiche
Le attività didattiche sono quelle disciplinate dalla legge 28 marzo 2003, n. 53, tra le quali rientrano, in generale, le attività che conferiscono titoli riconosciuti.
Ai fini dell’applicazione della norma di esenzione è necessario che:
- l’attività sia paritaria rispetto a quella statale; detta circostanza implica una serie di obblighi (ad esempio, l’accoglienza di alunni portatori di handicap, l’applicazione della contrattazione collettiva al personale docente e non docente, l’obbligo di pubblicità del bilancio, le caratteristiche delle strutture e l’adeguamento a standard previsti) ed offre la garanzia del rispetto delle caratteristiche che la legge ritiene imprescindibili nell’insegnamento;
- la scuola adotti un regolamento che garantisca la non discriminazione in fase di accettazione degli alunni. Il regolamento potrà prevedere criteri di selezione nel caso in cui le domande di iscrizione siano superiori alle disponibilità di posti, ma non potrà stabilire limiti all’accesso (ad esempio: l’esclusione degli alunni che non hanno conseguito una certa media); e l’attività non debba chiudere con un risultato che superi il sociale.Dall’esame delle disposizioni che disciplinano la materia – in particolare la legge 21 marzo 1958, n. 326, che regola i complessi ricettivi complementari a carattere turistico-sociale, attuata con il D.P.R. 20 giugno 1961, n. 869; le disposizioni regionali sulla ricettività complementare o secondaria, che fissano le caratteristiche delle strutture, la tipologia dei gestori e la tipologia degli utenti – risulta che, per ottenere l’esenzione dall’ICI, devono sussistere le seguenti modalità di esercizio delle attività ricettive. Per la “ricettività sociale” (il cosiddetto housing sociale), è necessario che le iniziative mirino a garantire soluzioni abitative per bisogni speciali (ad esempio: centri di accoglienza, pensionati per parenti di malati ricoverati in ospedali distanti dalle proprie residenze, comunità alloggio); che si tratta di attività attraverso le quali gli enti rispondono al bisogno di sistemazioni abitative temporanee; che le attività ricettive siano dirette a sostenere i bisogni abitativi di categorie sociali meritevoli (ad esempio: pensionati per studenti, per lavoratori precari, per stranieri e strutture simili) anche per periodi protratti nel tempo (si tratta, in sostanza, di attività caratterizzate dall’attenzione a situazioni critiche).
E’ indispensabile sottolineare che per entrambe le fattispecie è determinante anche l’entità delle cosiddette “rette”, che devono essere di importo significativamente ridotto rispetto ai “prezzi di mercato”. In definitiva sono escluse dall’esenzione dall’ICI: le strutture, in possesso di autorizzazioni per “ricettività complementare”, che si comportano da albergo.
- b) Le attività di religione e culto
La norma di esenzione richiama tra le attività di religione e di culto solamente quelle di cui all’art. 16, lett. a), della legge 20 maggio 1985, n. 222, che, come innanzi precisato, sono “quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi a scopi missionari alla catechesi, all’educazione cristiana”. Pertanto, l’esenzione dall’ICI poteva essere riconosciuta solo agli immobili adibiti alle attività appena indicate.
Veniamo ora all’IMU. Gli artt. 3 e 4 del D.M. 19 novembre 2012 n.200, emanato ai sensi dell’art. 91-bis, comma 3, del D.L. 24 gennaio 2012, n.1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012 n.27, specificano i requisiti generali per lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività istituzionali.
In particolare, l’art.3 del suddetto decreto prevede che le attività istituzionali sono svolte con modalità non commerciali quando l’atto costitutivo o lo statuto dell’ente non commerciale prevedono:
a) il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’ente, in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge, ovvero siano effettuate a favore di enti che per legge, statuto o regolamento, fanno parte della medesima e unitaria struttura e svolgono la stessa attività ovvero altre attività istituzionali direttamente e specificamente previste dalla normativa vigente;
- b) l’obbligo di reinvestire gli eventuali utili e avanzi di gestione esclusivamente per lo sviluppo delle attività funzionali al perseguimento dello scopo istituzionale di solidarietà sociale;
c) l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente non commerciale in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altro ente non commerciale che svolga un’analoga attività istituzionale, salvo diversa destinazione imposta dalla legge.
L’art.4 del suddetto decreto, prevede ulteriori requisiti.
– Lo svolgimento di attività assistenziali e attività sanitarie si ritiene effettuato con modalità non commerciali quando le stesse:
a) sono accreditate e contrattualizzate o convenzionate con lo Stato, le Regioni e gli enti locali e sono svolte, in ciascun ambito territoriale e secondo la normativa ivi vigente, in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico, e prestano a favore dell’utenza, alle condizioni previste dal diritto dell’Unione europea e nazionale, servizi sanitari e assistenziali gratuiti, salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall’ordinamento per la copertura del servizio universale;
b) se non accreditate e contrattualizzate o convenzionate con lo Stato, le Regioni e gli enti locali, sono svolte a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio.
– Lo svolgimento di attività didattiche si ritiene effettuato con modalità non commerciali se:
a) l’attività è paritaria rispetto a quella statale e la scuola adotta un regolamento che garantisce la non discriminazione in fase di accettazione degli alunni;
b) sono comunque osservati gli obblighi di accoglienza di alunni portatori di handicap, di applicazione della contrattazione collettiva al personale docente e non docente, di adeguatezza delle strutture agli standard previsti, di pubblicità del bilancio;
- c) l’attività è svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con lo stesso.
– Lo svolgimento di attività ricettive si ritiene effettuato con modalità non commerciali se le stesse sono svolte a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio.
-Lo svolgimento di attività culturali e attività ricreative si ritiene effettuato con modalità non commerciali se le stesse sono svolte a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un corrispettivo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio.
-Lo svolgimento di attività sportive si ritiene effettuato con modalità non commerciali se le medesime attività sono svolte a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un corrispettivo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo dell’operazione.
L’art.5 del D.M. 19 novembre 2012 n.200, inoltre, disciplina l’individuazione del rapporto proporzionale prevedendo:
1. Il rapporto proporzionale di cui al comma 3 dell’articolo 91-bis del citato decreto-legge n. 1 del 2012, è determinato con riferimento allo spazio, al numero dei soggetti nei confronti dei quali vengono svolte le attività con modalità commerciali ovvero non commerciali e al tempo.
2. Per le unità immobiliari destinate ad una utilizzazione mista, la proporzione è prioritariamente determinata in base alla superficie destinata allo svolgimento delle attività diverse da quelle previste dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 504 del 1992, e delle attività di cui alla
lettera i), svolte con modalità commerciali, rapportata alla superficie totale dell’immobile.
3. Per le unità immobiliari che sono indistintamente oggetto di un’utilizzazione mista, la proporzione è determinata in base al numero dei soggetti nei confronti dei quali le attività sono svolte con modalità commerciali, rapportato al numero complessivo dei soggetti nei confronti dei quali è svolta l’attività.
4. Nel caso in cui l’utilizzazione mista, è effettuata limitatamente a specifici periodi dell’anno, la proporzione è determinata in base ai giorni durante i quali l’immobile è utilizzato per lo svolgimento delle attività diverse da quelle previste dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 504 del 1992,ovvero delle attività di cui alla lettera i) svolte con modalità commerciali.
5. Le percentuali determinate per ciascun immobile , si applicano alla rendita catastale dello stesso in modo da ottenere la base imponibile da utilizzare ai fini della determinazione dell’IMU dovuta.
Con la risoluzione n. 1/DF dello scorso 3 Dicembre, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha chiarito alcuni aspetti circa l’applicabilità dell’IMU agli enti ecclesiastici.
Richiamando la circolare n. 168/E del 26 giugno 1998, la risoluzione del Ministero, ribadisce la non applicabilità agli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti delle norme dettate dal codice civile in tema di costituzione, struttura, amministrazione ed estinzione delle persone giuridiche private (tra cui il possesso di uno statuto), ma prevede la predisposizione da parte degli stessi enti di un regolamento, nella forma della scrittura privata registrata da tenere a disposizione dei comuni, che recepisca le clausole dell’art.10, comma 1, del decreto legislativo n.460 del 1997. Ciò significa che gli enti ecclesiastici devono, comunque, conformarsi alle disposizione di cui all’art.3 del regolamento n.200 del 2012, circa i requisiti per lo svolgimento di attività con modalità non commerciali.
La suddetta risoluzione, sottolinea l’applicazione dell’esenzione IMU agli immobili destinati esclusivamente allo svolgimento di attività con modalità non commerciali , e la decorrenza del 1° Gennaio 2013 per l’esenzione con riferimento al rapporto proporzionale.
Con questo riteniamo di essere esaustivi nella interpretazione fornita.