Tag Archives: commercialista associazioni culturali roma

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ispettorato del lavoro società ed associazioni sportive dilettantistiche – vigilanza – indicazioni operative

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lettera dell’ispettorato del lavoro del 1 dicembre 2016 relativa al  trattamento, ai fini previdenziali, dei compensi erogati dalle associazioni sportive dilettantistiche e dalle società sportive dilettantistiche presenta da sempre aspetti che meritano di essere chiariti, in quanto continuano a dar luogo in sede applicativa a numerosi contenziosi. Le attività ispettive condotte, negli ultimi anni, dall’INPS e dal Ministero del lavoro sui diversi soggetti del mondo sportivo hanno spesso evidenziato l’utilizzo della norma agevolativa da parte di soggetti che non ne avevano titolo, ma hanno anche fatto emergere la necessità di chiarimenti volti a definire con precisione i casi in cui trova applicazione l’art. 67, comma 1 lett. m), del TUIR. Le stesse pronunce, sia in sede amministrativa che in sede giurisprudenziale, originate dalle opposizioni ai verbali di accertamento, sono state spesso contraddittorie, non fornendo una indicazione univoca in merito ai criteri da utilizzare. Ciò premesso, facendo seguito alle indicazioni già fornite dal Ministero del lavoro con nota del 21 febbraio 2014 prot. n. 4036,


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decreto ministero della salute proroga defibrillatori

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tterà solodecreto ministero della salute proroga defibrillatori

Boccata di ossigeno per lo sportivo dilettantistico in   relazione agli obblighi di tenuta del defibrillatore nella struttura che vincolava l’associazione a dotarsi di defibrillatori semiautomatici, rispettivamente, entro 6 mesi ed entro 30 mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo Decreto, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana 20 luglio 2013, n. 169. Con un primo decreto il ministero della salute aveva  prorogato fino al 30 novembre la data in cui  sarebbe entrato in vigore l’obbligo da parte delle società sportive dilettantistiche di dotarsi dei defibrillatori semiautomatici ma successivamente con il Decreto Legge del 16 ottobre 2016, n°189 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – Serie Generale – n.244 del 18 ottobre 2016 – “agli interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal sisma del 24 agosto 2016”) è stato disposto inizialmente al 01 gennaio 2017 ed ora lo spostamento al 30 Giugno

il testo della norma:

 “al fine di consentire nei Comuni di cui allegato 1 e 2 il completamento delle attività di formazione degli operatori del settore dilettantistico circa il corretto utilizzo dei defibrillatori semiautomatici, l’efficacia delle disposizioni in ordine alla dotazione e all’impiego da parte delle società sportive dilettantistiche dei predetti dispositivi, adottate in attuazione dell’articolo 7, comma 11, del decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, è sospesa fini alla data del 30 giugno 2017“.

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Cari colleghi, in allegato il decreto firmato dal ministro della salute Beatrice...

Il continuo slittamento dell’obbligo è probabilmente legato alla necessità di completare, su tutto il territorio nazionale, le attività di formazione degli operatori per poter permettere un corretto utilizzo delle apparecchiature.

Viene così prorogato di ulteriori 6 mesi e 10 giorni l’entrata in vigore delle norme introdotte col decreto con il Dl Balduzzi del 2012 (Dl n.158/2012 convertito nella L. 189/2012) che tra le altre cose prevedeva  l’adozione di garanzie sanitarie attraverso l’obbligatorietà di idonea certificazione medica per tutti coloro che praticano attività sportiva non agonistica o amatoriale nonché per la dotazione e l’impiego, da parte delle società sportive sia professionistiche sia dilettantistiche, di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salvavita.
Le linee guida allegate al decreto attuativo (Dm 24 aprile 2013) prevedevano la presenza di personale formato presso centri di formazione accreditati dalle singole Regione che ovviamente ha creato non pochi problemi organizzativi e temporali che si sono tradotti nella difficoltà di formare in tempi utili personale preparato con conseguente differimento di 6 mesi del termine previsto per l’entrata in vigore dell’obbligo, fissato inizialmente per il settore sportivo dilettantistico al 20 gennaio del 2016 e successivamente prorogato prima al 30 novembre 2016 e recentemente al 1 gennaio 2017.


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Le bande musicali e il no profit

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banda musicale associazione senza scopo di lucro

Le bande musicali e il no profit

Analizziamo insieme le problematiche cui può incorrere chi per passione si dedica alla musica e fa di questo occasione di studio di incontro e di formazione.

Una banda musicale quando decide di esistere come tale, nell’ordinamento sociale, legislativo e fiscale italiano, deve costituirsi come Associazione Culturale; l’indirizzo no profit è dato dal carattere di volontariato e dilettantismo che spinge giovani e non più giovani allo sviluppo della loro passione.

Sono escluse ovviamente le band e artisti di un certo rilievo che fanno di questo un lavoro vero e proprio creando quindi di fatto un’attività solo squisitamente commerciale che quindi deve essere costituita e gestita in qualità di artisti oppure in una delle forme imprenditoriali previste dall’ordinamento giuridico  ed esattamente dall’art. 2082 C.C. che stabilisce che “è imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”.

La maggior parte delle associazioni esistenti sono comunque quelle “non riconosciute”. Si tratta del tipo di organizzazione meno costoso e meno complesso da gestire; l’ordinamento interno e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute come persone giuridiche sono regolati dagli accordi degli associati.”

E’ necessario scrivere un Contratto di Associazione; se il documento viene redatto con la supervisione di un notaio ed è da questi registrato presso l’Ufficio del Registro viene detto atto pubblico, se invece è redatto dai soci è un atto privato, che può essere registrato o meno e le cui firme possono essere eventualmente autenticate da un notaio. Il Contratto di Associazione spesso si scompone materialmente in 2 documenti che però giuridicamente costituiscono un atto unitario: Atto Costitutivo e lo Statuto

Al fine di costituire un’associazione senza scopo di lucro  con attività di tipo culturale-musicale occorre che ci sia la volontà da parte di più persone ( almeno tre) a compiere questo passo, formalizzata con un Atto Costitutivo  che  deve essere firmato, in esteso alla fine, e siglato su ogni pagina da tutti i soci fondatori.

A tale scopo pubblichiamo un facsimile di statuto da applicare che possa essere d’ispirazione per chi vuole costituire una banda musicale.

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fac simile statuto banda musicale 22.86 KB 1565 downloads

pubblichiamo un fac simile di statuto relativo alla costituzione di associazione...

Il presente modello di statuto può essere usato per la redazione di un atto costitutivo con eventuale costituzione con atto notarile ( più oneroso) ovvero con registrazione presso l’Agenzia delle Entrate di competenza relativa alla sede dell’associazione con data certa.

Successivamente alla costituzione andrà richiesto il codice fiscale ( presso l’Agenzia delle Entrate) o anche la partita IVA se si intende effettuare anche attività commerciale.

Nello statuto o vanno riportate tutte quelle indicazioni sulla gestione dell’associazione, dalla nascita alla sua chiusura, le norme sugli organi che la governano, le modalità di convocazione dell’assemblea dei soci, e quanto altro occorre alla vita del sodalizio. Anche questo documento deve essere firmato, in esteso alla fine, e siglato su ogni pagina da tutti i soci fondatori.

In particolare dovrà essere evidenziato:

1. assenza di fini di lucro

Significa che gli utili e gli avanzi di gestione vengono usati per lo svolgimento delle attività statutarie o ad incremento del patrimonio; a tal fine deve essere vietata la distribuzione, anche in forma indiretta, di utili e avanzi di gestione, comunque denominati, nonché fondi e riserve, in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori.

2. rispetto del principio di democrazia interna

Per il quale ogni socio ha diritto a candidarsi e può essere eletto a qualsiasi carica interna; che ogni socio ha diritto di voto; che devono essere previste idonee forme di pubblicità delle convocazioni, delle delibere e dei bilanci  e con equità di criteri di ammissione ed esclusione dei soci.

3. gratuita’ degli incarichi degli amministratori

E’ legato all’assenza dei fini di lucro. Se vi fosse un vantaggio economico nel creare e gestire una Associazione sarebbe assimilabile a qualsiasi attività lavorativa e diverrebbe un reddito.

5. devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento

Nessuno deve poter trarre vantaggio dallo scioglimento dell’ associazione e si deve destinare tale patrimonio ad un’altra Associazione che abbia finalità statutarie simili

Una volta costituita l’  Associazione Culturale la prima cosa che si consiglia di fare è di rivolgersi ad una banca per l’apertura un conto corrente poiché in base alla  legislazione vigente, ogni pagamento o riscossione che fa la banda, tramite l’associazione, deve essere registrato con movimenti bancari se superiore a mille euro. Se si tracciano tutti i  pagamenti sia in entrata che in uscita, tramite conto corrente o assegni si avrà il vantaggio di avere una gestione finanziaria estremamente facile e trasparente.

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Noi di Turismoefisco usiamo:

Le associazioni debbono tenere inoltre il libro verbali assemblee e il libro soci, debitamente vidimati inizialmente da un notaio e pagare la tassa di concessione governativa ( si trova dal tabaccaio) di € 67,00 per ogni libro.

Le ricevute emesse dalle associazioni per la riscossione di quote e contributi associativi sono esenti dall’imposta di bollo  ai sensi dell’ art. 7 tabella B, D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 642 come modificato dal D.P.R. 30 dicembre 1982 n. 55, mentre le altre ricevute sono soggette al bollo di € 2,00 se la somma versata è superiore a 75,00 euro ai sensi dell’art . 13 nota 2a tariffa annessa al D.M. 20 agosto 1992 e succ. mod. cfr anche DPR 642/72 art. 8 allegato B.

Ai fini della tassazione ricordiamo che non formano imponibile quindi non viene tassato tutto ciò che viene percepito in base all’attività istituzionale prestata nei confronti dei soci  come ad esempio:

    • le quote associative;
    • i contributi raccolti;
    • le donazioni;
  • i proventi delle attività non considerate commerciali.

L’occasionalità delle iniziative fa si che esse siano escluse dal campo di applicazione IVA (che, in base al DPR 633/72 art. 1 e 5, riguarda esplicitamente solo attività abituali. In generale, l’attività non è considerata commerciale se la cessione di beni, anche nuovi, non avviene in cambio del pagamento di un prezzo specifico ma sotto forma di contributo libero o offerta ; non può esserci una cifra minima, l’offerta deve essere a tutti gli effetti una libera erogazione.

Uno dei vantaggi nella costituzione di un’associazione è la possibilità di avere accesso ai fondi comunali destinate a progetti di un certo interesse perpetrati dalle associazioni o anche l’accesso agli immobili da destinare come sede .

Un’altra interessante possibilità è quella di appoggiarsi ad un’associazione strutturata come polisportiva  A.S.D. che gode di numerose agevolazioni sopratutto fiscali.

I Compensi elargiti ai sensi dell’art. 67 del Tuir

Quando pensiamo all’art.67, comma 1, lett.m del Tuir,  il pensiero corre immediatamente alle prestazioni sportive dilettantistiche mentre invece la normativa ha voluto includere tra  i “redditi diversi” anche  i rimborsi, i premi, e le indennità e compensi percepiti dai direttori artistici e dai collaboratori tecnici dei cori, bande musicali e filodram-matiche  che perseguono una finalità dilettantistica.  E’ bene premettere che ancora oggi queste disposizioni presentano dei lati di  difficile interpretazione, e nella gestione dei singoli casi si cerca di raccordare la giurisprudenza in  merito al  dilettantismo sportivo con quella relativa  alle attività musicali/filo-drammatiche.

Pertanto analogamente  a quanto  accade nel settore sportivo dilettantistico, anche i compensi  di cui sopra percepiti nell’ambito dell’appartenenza a  bande musicali e filo-drammatiche possono costituire dei “redditi diversi”, nella misura in cui la prestazione eseguita a favore del sodalizio non sia espressione di un’attività professionale ma eseguita nell’ambito dell’oggetto sociale perseguito dall’associazione .
La differenziazione non è di poco conto e capire come inquadrare correttamente tali redditi è di fondamentale importanza perché  vengono esonerati dal prelievo Irpef fino alla soglia di 7.500 euro e, cosa ancora più importante.  la loro fattispecie i “redditi diversi” li esonera automaticamente anche dal prelievo contributivo (Inps/Enpals) ed assicurativo (Inail).  L’inps infatti potrebbe recuperare tali redditi non inquadrandoli in un rapporto di lavoro dipendente ma ” autonomo” con l’obbligo di apertura della partita Iva.

Per capire se sia possibile o meno considerarli redditi diversi, le prestazioni effettuate non debbono essere  oggetto
di un rapporto di lavoro subordinato o espressione di un’attività professionale autonome e non debbono essere di un importo considerevole rispetto all’attività conseguita dalla banda.

Pertanto anche quando non si configura una subordinazione del prestatore d’opera è importante verificare il requisito della professionalità che viene di norma attribuito a tutte  quelle attività che:

• vengono esercitate abitualmente e/o sistematicamente dal prestatore;
• generano un compenso non marginale rispetto al reddito medio del prestatore;
• sono connesse o accessorie rispetto ad una attività lavorativa stabilmente svolta;
• presuppongono l’utilizzo di conoscenze tecnico-scientifiche( artistiche).

E’ superfluo in questa sede osservare che il concetto di professionalità spesso non va a braccetto con il criterio di prevalenza  dell’attività  dilettantistica rispetto a un’altra eventuale occupazione esercitata dal soggetto ed è importante, al fine di stabilire correttamente la professionalità dell’individuo, valutare attentamente tutti e quattro gli indici rilevatori. E’ anche vero che stiamo analizzando un settore altamente specifico e che in alcuni casi alcuni di questi indici possano apparire molto ridondanti. E’ il caso dell’attività svolta dal direttore artistico di una piccola compagnia teatrale; questi difficilmente potrà sfuggire dal requisito della ripetitività della propria attività e la stessa difficilmente potrebbe essere eseguita  senza fare ricorso al proprio bagaglio di conoscenze tecnico-artistiche.

L’Iva nelle  associazioni con attività di Banda musicale

Ricordiamo che l’Ente non profit se conserva tutti i parametri di assenza di lucro a seguito dell’introduzione dell’art. 9-bis del D.L. n. 471/1992, convertito in Legge n. 66 del 6/2/1992) e le associazioni bandistiche e ai cori amatoriali, alle filodrammatiche, di musica e danza popolare di cui all’ art. 2 comma 31 legge n. 350 del 24/12/2003 possono usufruire dell’agevolazione concessa dalla Legge 398/1991 e conseguentemente versare l’IVA in misura forfettaria.

Le agevolazioni cui possono beneficiare sono in sintesi:

  • l’esonero dall’obbligo di tenuta delle scritture contabili (libro giornale, libro degli inventari, registri Iva, scritture ausiliarie e di magazzino, registro beni ammortizzabili);
  • l’esonero dall’obbligo di emissione di scontrini fiscali e/o ricevute fiscali per i compensi incassati;
  • l’esonero dall’obbligo di fatturazione e registrazione eccezion fatta per  sponsorizzazioni, cessione di diritti radio-Tv e pubblicità;
  • esonero dall’obbligo di presentazione della dichiarazione annuale IVA;
  • esonero dall’obbligo di redazione dell’inventario e del bilancio;
  •  determinazione forfettaria dell’IVA: le Associazioni che hanno deciso di avvalersi del regime fiscale agevolato potranno versare IVA  dovuta sulle fatture emesse nella misura del 50% con divieto di detrarre l’IVA versata sugli acquisti;
  • determinazione forfettaria del reddito imponibile nella misura del 3% dell’ammontare dei proventi commerciali conseguiti nel periodo di imposta; a tale percentuale viene aggiunto l’intero importo delle plusvalenze patrimoniali.

La percentuale Iva da applicare nelle  associazioni con attività di Banda musicale

I  concerti vocali e strumentali sono manifestazioni musicali in cui i cantanti o i musicisti, singolarmente o in gruppo, eseguono una serie di brani musicali, secondo un programma prestabilito, in un luogo appositamente individuato e strutturalmente idoneo a consentire l’ascolto della musica da parte degli spettatori come  teatri, sale concerto, impianti sportivi eccetera.

Quando la prestazione musicale non si configura come concerto vocale e strumentale viene ricompresa nella disciplina generale delle “esecuzioni musicali di qualsiasi genere” di cui al punto n. 1 della tariffa allegata al Dpr 640/1972, ovvero n. 3  della tabella C allegata al Dpr 633/1972), per le quali l’Iva si applica con l’aliquota ordinaria del 22% sia con riferimento ai corrispettivi dovuti dal pubblico sia ai compensi percepiti da cantanti e musicisti.

Lo ha precisato l’agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 257/E

scaricabile qui

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risoluzione 257 E 2008 49.64 KB 438 downloads

Istanza di interpello – Art. 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212 - Aliquota IVA...

del 20 giugno, che fornisce chiarimenti in merito alla differenza fra le “esecuzioni musicali”, assoggettate a Iva con l’aliquota ordinaria, e i “concerti vocali e strumentali”, ai quali viceversa si applica l’aliquota Iva ridotta del 10%, ai sensi del n. 123) della tabella A, parte III, allegata al predetto decreto, nonché della previsione recata dal n. 119) della stessa tabella A, parte III, del Dpr 633/1972.

Il contribuente chiedeva di sapere, in particolare, se la riconducibilità delle prestazioni di musica dal vivo fra le “esecuzioni musicali” o fra i “concerti vocali e strumentali” dipendesse dal luogo di svolgimento delle manifestazioni (stadi, sale da ballo, locali d’intrattenimento, feste di piazza eccetera) e dalle modalità di svolgimento delle stesse (ad esempio, prestazioni per un pubblico di solo ascolto, prestazioni per pubblico di solo ballo, prestazioni per un pubblico di ballo e ascolto).

Per risolvere i quesiti, l’agenzia delle Entrate ha ricostruito  dettagliatamente dapprima la disciplina delle “esecuzioni musicali di qualsiasi genere”, evidenziando che dette manifestazioni si configurano, a seconda della prevalenza o meno della musica dal vivo, come manifestazioni di spettacolo ovvero come manifestazioni di intrattenimento.

In particolare, la risoluzione 257/2008, dopo aver richiamato la normativa fiscale di riferimento per le esecuzioni musicali (punti n. 1 della tariffa allegata al Dpr 640/1972(1), e n. 3) della tabella C allegata al Dpr 633/1972, come modificato dall’articolo 1, comma 79, lettera b), n. 1), della legge 244/2007(2)), ha così sinteticamente precisato:

  • se l’esecuzione musicale è pari o superiore al 50% della durata complessiva delle esecuzioni musicali, l’attività è classificata come “spettacolo” ed è assoggettata al solo regime ordinario Iva, ai sensi dell’articolo 74-quater del Dpr 633/1972, anche se effettuata in discoteche e sale da ballo
  • se l’esecuzione musicale è effettuata con l’utilizzazione di musica prevalentemente pre-registrata, la stessa è assoggettata all’imposta sugli intrattenimenti nonché a Iva, secondo le disposizioni dell’articolo 74, sesto comma, del Dpr 633/1972.

Passando poi all’esame dei “concerti vocali e strumentali”, l’Agenzia ha evidenziato che tali manifestazioni, esplicitamente escluse dal regime tributario applicabile alla generalità delle esecuzioni musicali, sono espressamente indicate al n. 4 della tabella C allegata al Dpr 633/1972, il quale riconduce a Iva ordinaria le seguenti attività: “spettacoli teatrali di qualsiasi tipo, compresi balletto, opere liriche, prosa, operetta, commedia musicale, rivista; concerti vocali e strumentali, attività circensi e dello spettacolo viaggiante, spettacoli di burattini, marionette e maschere, compresi corsi mascherati e in costume, ovunque tenuti“.

Per ciò che riguarda l’aliquota Iva applicabile a queste manifestazioni, l’Amministrazione, rilevando che il n. 4) della richiamata tabella C riproduce l’identica formulazione del n. 123) della tabella A, parte III, del Dpr 633/1972, ha precisato che i concerti vocali e strumentali sono assoggettati al regime ordinario, con l’applicazione dell’aliquota del 10 per cento.
L’Agenzia ha inoltre specificato che ai concerti vocali e strumentali si applica anche la disposizione n. 119) della tabella A, parte III, allegata al Dpr 633/1972, che prevede l’aliquota Iva ridotta del 10% per i “contratti di scrittura connessi con gli spettacoli teatrali”.

In particolare, richiamando quanto illustrato con la circolare 37/2007, è stato osservato che per contratti di scrittura connessi con gli spettacoli teatrali devono intendersi i contratti di scrittura connessi con tutti gli spettacoli individuati al numero 123) della citata tabella A, parte III.

In sintesi, la ricostruzione normativa operata dai tecnici dell’Agenzia in merito al trattamento fiscale dei “concerti vocali e strumentali” può essere così riassunta:

  • ai corrispettivi dovuti dagli spettatori si applica l’aliquota Iva del 10 per cento
  • ai contratti di scrittura stipulati dal singolo artista o dal gruppo vocale o strumentale si applica la stessa aliquota Iva del 10 per cento.

In definitiva, per individuare concretamente il trattamento fiscale applicabile alle esecuzioni musicali, è necessario verificare se le stesse possano o meno configurarsi come concerti vocali e strumentali. A tal fine, la risoluzione ha precisato che per concerti vocali e strumentali devono intendersi quelle manifestazioni musicali in cui i cantanti o i musicisti, singolarmente o in gruppo, eseguono dei brani musicali in base a un programma prestabilito, in un luogo appositamente individuato e strutturalmente idoneo a consentire l’ascolto della musica da parte degli spettatori.
Si è voluto evidenziare, in sostanza, che nella manifestazione concertistica vocale e strumentale l’esecuzione musicale in pubblico è finalizzata esclusivamente all’ascolto della musica.

La distinzione che emerge dall’indirizzo interpretativo fornito dall’agenzia delle Entrate è, quindi, fra i concerti vocali e strumentali e le restanti esecuzioni musicali.
Queste ultime, non classificabili come concerti vocali e strumentali, devono essere ricondotte fra le “esecuzioni musicali di qualsiasi genere” (punto n. 1 della tariffa allegata al Dpr 640/1972 ovvero n. 3) della tabella C allegata al Dpr 633/1972) per le quali, sia relativamente ai corrispettivi dovuti dai partecipanti alle manifestazioni sia ai compensi percepiti da cantanti e musicisti, si applica l’Iva con l’aliquota ordinaria del 22 per cento.

ATTENZIONE: Il n. 3) della tabella C allegata al Dpr 633/1972 qualifica come attività di spettacolo assoggettate a Iva in base alle disposizioni recate dall’articolo 74-quater del Dpr 633/1972 “le esecuzioni musicali di qualsiasi genere, esclusi i concerti vocali e strumentali, anche se effettuate in discoteche e sale da ballo qualora l’esecuzione di musica dal vivo sia di durata pari o superiore al 50 per cento dell’orario complessivo di apertura al pubblico dell’esercizio, escluse quelle effettuate a mezzo elettrogrammofoni a gettone o a moneta o di apparecchiature similari a gettone o a moneta; lezioni di ballo collettive; rievocazioni storiche, giostre e manifestazioni similari


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Street art: associazioni no profit

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La street art e il no profit

La street art, ovvero la nuova forma d’arte emergente che porta molti ragazzi, spesso grafici o semplicemente potenziali artisti che, armati di creatività, desideri e tanta volontà ma anche  energia, ribellione, utopia  e  voglia di esprimersi, si cimentano nei loro lavori di strada alla ricerca di fama, successo, un reddito e forse anche l’immortalità attraverso la realizzazione di vere e proprie opere d’arte.

Sono sempre più i comuni (e Roma ne è un esempio con un vero e proprio museo a cielo aperto composto da  oltre 150 strade dedicate ai murales dal quartiere tuscolano a San Basilio) che affidano progetti di realizzazione di opere agli artisti di strada per abbellire e creare interesse turistico. Un altro ottimo esempio è la splendida città di Diamante in Calabria  dove al bellissimo mare e alla tipicità del peperoncino è stato sapientemente unito in un mix perfetto, un intero percorso dedicato ai murales cittadini che ha finito per  caratterizzare la cittadina anche nel suo meraviglioso itinerario artistico.

Tra i lavori più gettonati della street art troviamo spesso i Murales che come detto finiscono per diventare un’attrazione turistica ma i confini della street art sono sfumati perché gli strumenti per sviluppare la creatività artistica sono molteplici; c’è chi usa gli spray, chi gli stencil, chi appende  ai muri foto o poesie e chi si dedica ai graffiti artistici ( da non confondersi con  i  writer  che usano il  bombing ovvero la tendenza a scrivere tag dappertutto con obiettivo primario la notorietà)

Quello di cui vogliamo occuparci in questo articolo è  lo stretto vincolo esistente tra chi vuole fare della street art una passione da trasmettere in un sistema organico al sistema dell’arte contemporanea, creandone  un valore e trasmettendola agli altri e conservando un giusto diritto d’autore con lo scopo di trovare anche un sostentamento economico che gli permetta di gestire questa passione.

Per chi è ancora scettico su come questa moderna forma d’arte possa diventare un discreto business vale la pena ricordare almeno due episodi significativi:

  • A New York la Landmarks Preservation Commission ha espressamente approvato che nel restauro delle facciate dello storico Germania Bank Building all’angolo tra Bowery e Spring, rilevato nel 2015 per 55 milioni di dollari, venissero mantenuti tutti i graffiti illegali apposti nei decenni;
  • sempre a New York, in un edificio al 151 di Wooster Street in corso di ristrutturazione nel 2007 è stato scoperto un muro con pezzi di Keith Hearing, Fab Five Freddy, Futura 2000, Ramellzee, Basquiat etc.  I graffiti sono stati rimossi dalla parete che sarebbe stata in ogni caso abbattuta e sono stati montati su pannelli.

Questo perché alcuni artisti proprio con questa passione sono diventati di fama internazionale e le loro opere vengono commissionate in ogni parte del mondo.

Tornando a noi per chi vuole cimentarsi nella street art è bene sapere che la legge 633/1941 fa ricadere nelle opere protette dal diritto d’autore  le opere dell’ingegno di carattere creativo qualunque ne sia il modo o la forma di espressione (art. 1 ) per cui se l’opera è legale e quindi autorizzata ( specie se da contratto, bando o progetto) la stessa ricade nella tutela del diritto d’autore. Non ci occuperemo quindi di chi fa di questa forma d’arte un uso illegale da cui prendiamo le doverose distanze, ma piuttosto cercheremo di capire insieme come canalizzare e gestire al meglio chi, nella piena legalità vuole cimentarsi in questa nuova opportunità.

La norma sul diritto d’autore prevede che  “l’autore conservi il diritto di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione o altra modificazione, e a ogni atto a danno dell’opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione“. Questo anche se l’artista ha usato uno pseudonimo, un nome d’arte, una sigla o un segno convenzionale, purché gli stessi siano notoriamente conosciuti come equivalenti al nome vero.

Pertanto l’artista che prende in appalto un’opera o un progetto può aprire la sua partita IVA come artista ( magari con il regime dei minimi)  e con questa fatturare il progetto o l’incarico ovvero avvalersi della norma sul diritto d’autore se l’incarico ha carattere di occasionalità e un importo commissionato di scarsa entità ( ricevuta per diritto d’autore soggetta alla ritenuta d’acconto del 20% sul 75% dell’importo).

Per chi invece vede nella street art una passione e una forma di aggregazione e vuole trasmettere questa arte e condividerla con altri appassionati creando anche progetti con finanziamenti erogati da comuni e province che vogliano da una parte sostenere tale attività e dall’altra creare forme d’arte che abbelliscano il territorio ( spesso degradato) con commesse minime, la forma più adatta è certamente la costituzione di un’associazione colturale no profit ovvero senza scopo di lucro.

La realizzazione dell’associazione, dovrà tener conto sia delle regole caratteristiche dell’associazione stessa, cui tutti i soci dovranno attenersi, ( attività istituzionale ) sia della previsione nello statuto di forme di finanziamento pubbliche o private ( attività commerciale) che potranno garantire degli introiti che permetteranno non solo la sopravvivenza dell’associazione stessa ma anche il suo sviluppo futuro in contesti che possano apportare dei benefici significativi nell’arte contemporanea.

A tale scopo pubblichiamo un facsimile di statuto da applicare che possa essere d’ispirazione per chi vuole intraprendere questo percorso.

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pubblichiamo un fac simile di statuto relativo alla costituzione di associazione...

Il presente modello può essere usato per la redazione di un atto costitutivo con eventuale costituzione con atto notarile ( più oneroso) ovvero con registrazione presso l’Agenzia delle Entrate di competenza relativa alla sede dell’associazione con data certa.

Successivamente alla costituzione andrà richiesto il codice fiscale ( presso l’Agenzia delle Entrate) o anche la partita IVA se si intende effettuare anche attività commerciale.

 


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IVA ed esenzioni per enti no profit

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iva no profitIVA ed esenzioni per le prestazioni degli enti no profit

Vediamo insieme alcune informazioni utili da conoscere per l’imponibilità ad IVA o l’esenzione su alcune tipologie di attività esercitate dalle Associazioni no profit. Si tratta di prestazioni che l’Ente no profit esercita per la sua attività commerciale in abbinamento a quella meramente istituzionale che viene fatta in favore dei soci spesso a titolo gratuito. In questo caso invece, l’attività commerciale, pur essendo effettuata in ambito associativo riveste carattere di prestazione di servizi e come tale viene assoggettata ad IVA e presuppone che l’ente abbia provveduto alla richiesta di partita IVA e non sia quindi in possesso del solo codice fiscale.






Come abbiamo visto in precedenza l’ente no profit può optare per il regime forfettario di cui alla L. 398/91 ma come valutare quando e se l’ente debba  applicare l’IVA alle sue prestazioni e con quali modalità quest’IVA deve essere versata?

Il criterio fondamentale è sicuramente l’esercizio di attività commerciale ovvero dei servizi specifici a pagamento effettuati a soci o non soci a fronte di una prestazione o di una sponsorizzazione ( associazioni sportivo dilettantistiche) anche quando il corrispettivo della sponsorizzazione non viene pagato in denaro ma ad esempio in beni ( attrezzature sportive, gadget, magliette etc )

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L’ente in questo caso ( attività commerciale) dovrà emettere idoneo documento fiscale ( fattura, ricevuta fiscale o scontrino nei casi specifici) e versare l’IVA trimestralmente sia che adottino il regime forfettario della L.398 sia che adottino quello ordinario mediante  il modello F24, con liquidazione  trimestrale.

I codici da adottare sono:

6031 IVA PRIMO TRIMESTRE scadenza 16 MAGGIO
6032 IVA SECONDO TRIMESTRE scadenza 16 AGOSTO
6033 IVA TERZO TRIMESTRE scadenza 16 NOVEMBRE
6034 IVA QUARTO TRIMESTRE scadenza 16 FEBBRAIO

ATTENZIONE: quest’ultimo versamento è specifico solo per alcune attività e tipologie quindi nel caso in cui l’ente adotti la legge 398 va versato anche il 4 trimestre con il codice 6034 mentre se adotta il regime ordinario il 4 trimestre avrà il codice 6099  come versamento annuale e potrà scegliere se versare entro il 16 MARZO dell’anno successivo ovvero con l’UNICO e rateizzare.

Ovviamente se si adotta il regime forfettario si verserà il 50% dell’IVA sulle fatture emesse ( indipendentemente dall’incasso) nel trimestre con impossibilità di recupero dell’IVA sugli acquisti.

Un caso a parte è quello relativo alle prestazioni che l’Ente può effettuare e che sono esenti da IVA  in base al DPR  633/1972  art. 10 e che nel caso specifico non danno ovviamente luogo a versamento IVA.
ATTENZIONE: I versamenti debbono essere effettuati senza la maggiorazione dell’interesse del 1% prevista per tutti gli altri contribuenti; questo adempimento ulteriore non si applica agli enti no profit.

Casi in cui l’Ente no profit effettua attività commerciale.

Spesso e volentieri alcuni enti  che operano nell’ambito sportivo, culturale o musicale si trovano a dover gestire anche per enti pubblici o privati ( es scuole) dei corsi corsi o eventi sportivi, musicali concerti bandistici, spettacoli, Palio  etc).

In questi casi viene elargito all’ente un contributo e richiesta la relativa fattura sulla quale ovviamente grava l’IVA che a livello contrattuale spesso non è stata nemmeno prevista.

Per prima cosa quindi è necessario analizzare il contratto e capire se la prestazione sia o meno soggetta ad IVA ovvero se rientra tra le attività commerciali o istituzionali dell’ente.

L’ ’Agenzia delle Entrate ci viene incontro in questo chiarendo alcune condizioni necessarie affinché queste particolari tipologie di prestazioni rese dall’ente  possano essere considerate esenti ai fini I.V.A. ex art. 10 d.P.R. 633/72 e quindi esentate dal tributo :

  • devono essere rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni;
  • devono essere di natura educativa dell’infanzia e della gioventù;
  • devono essere  didattiche, compresa l’attività di formazione, aggiornamento, riqualificazione o riconversione professionale

Se ad esempio  il committente è una scuola pubblica si rende assolutamente indispensabile formalizzare l’accordo tra ente e Scuola con la stipula di una convenzione nella quale andrà concordato che la Scuola manterrà il controllo sullo svolgimento del programma didattico e svolgerà la necessaria sorveglianza sugli alunni durante le attività della Associazione.

Dal punto di vista I.V.A., il contributo previsto nella convenzione come rimborso per le spese della Associazione, è considerato esente ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 20, d.P.R. 633/72.  Si tratta infatti di prestazioni rese all’infanzia, alla gioventù e didattiche in genere che sono rese da un’associazione (se sportiva addirittura riconosciuta da una federazione o da un ente di promozione sportiva) e sotto il controllo di un ente pubblico (la Scuola).

Dal punto di vista delle altre imposte (IRES e IRAP), i proventi derivanti da convenzioni con enti pubblici non concorrono alla formazione del reddito imponibile dell’Associazione ai sensi dell’art. 143, comma 3, lettera b), T.U.I.R.

Quando invece la prestazione è tra Ente e scuola paritaria o non paritaria la cosa è leggermente più delicata e complessa perché va redatta una convenzione nella quale è particolarmente importante riportare  gli estremi del riconoscimento della qualifica della Scuola (si essa paritaria o meno ) da parte dell’Autorità scolastica regionale. Anche in questo caso è indispensabile che l’ ente venga tutelato  ponendo come condizione indispensabile la presenza di un

docente, durante le sue attività, per sorvegliare gli studenti.

Così facendo il contributo  erogato e previsto nella convenzione come rimborso per le spese della Associazione, è considerato esente IVA ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 20, d.P.R. 633/72 poichè le scuole paritarie (e non) sono comunque sottoposte al controllo dello Stato.

Sono invece dovute IRES ed IRAP poiché queste entrate non derivano da convenzioni con enti pubblici.

Quando la prestazione è con un ente pubblico il mancato riconoscimento o di vigilanza da parte del Ministero della Pubblica Istruzione comporta l’applicazione dell’I.V.A. al 22%.

Può succedere però che delle Associazioni svolgano prestazioni educative, didattiche e formative approvate  da enti pubblici come Enti locali, Amministrazioni statali, Università ecc.

In genere nel finanziamento dell’attività è insita l’attività di controllo e di vigilanza, il contributo previsto nella convenzione come rimborso per le spese della Associazione, è considerato esente ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 20, d.P.R. 633/72!

Sono esenti IVA ai sensi dell’art. 10 n. 20 del D.P.R. 633/1972 le prestazioni effettuate da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni o ONLUS finalizzate all’educazione dell’infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, inclusa la formazione, l’aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale.
2) Non concorrono a formare il reddito imponibile degli Enti non commerciali (e dunque non sono soggetti a tassazione IRES e IRAP) i contributi corrisposti da Amministrazioni pubbliche ai predetti Enti per lo svolgimento in regime di convenzione o accreditamento di attività aventi finalità sociali esercitate in conformità ai fini istituzionali degli enti stessi, e questo ai sensi dell’art. 143, del D.P.R. 917/1986.
3) I corrispettivi specifici versati per attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e rivolte agli iscritti, associati o partecipanti non si considerano commerciali, e pertanto dette somme rientrano nel novero delle attività non costituenti reddito imponibile (o istituzionali).

La circolare n. 34/e dell’Agenzia delle Entrate che potete scaricare qui

Icona

circolare 34 E /2013 68.53 KB 2234 downloads

Trattamento agli effetti dell’IVA dei contributi erogati da amministrazioni pubbliche...

ci da un valido aiuto per capire meglio come inquadrare le erogazioni, da parte delle pubbliche amministrazioni, come contributi o corrispettivi nei confronti dell’associazione no profit.

Si ricorda  che per effetto della legge 244/2007  le fatture emesse nei confronti delle Amministrazioni  debbono  avvenire esclusivamente in forma elettronica con adozione ove previsto della tipologia di versamento IVA dello Split Payement.


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Enti no profit caratteristiche

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caratteristiche associazione no profitEnti No Profit Caratteristiche 

Delle No Profit se ne parla molto, per molteplici caratteristiche ognuno di noi conosce qualcuno che ha deciso di costituire un’associazione per fare questo o per fare quello; c’è chi addirittura progetta di costituire una ONLUS  per suonare nei locali e via dicendo.

Ma quanti sanno cosa effettivamente sia un Ente no profit ovvero cosa comporti il non lucrare su una qualsiasi attività che si intende esercitare e che possiede le caratteristiche necessarie affinché si possa parlare di attività sena fine di lucro?

I requisiti da soddisfare sono molteplici e soprattutto vanno ben capiti, analizzati e gestiti fin dall’atto costitutivo ovvero il primo passo verso la costituzione.

Prima di addentrarci  in quella che Dante chiamerebbe una Selva Oscura, ricca di insidie e trabocchetti  vediamo alcuni punti salienti che costituiscono i principi base, le fondamenta per meglio comprendere questo particolare settore:

A) divieto di distribuzione degli utili Qualsiasi Ente per ritenersi Non Commerciale, Senza Scopo di Lucro o No Profit deve contenere nel proprio statuto l’obbligo di destinazione di utili più o meno caratterizzato da queste parole: ““È fatto divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge“.

B) Obbligo di devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento. Altro obbligo importantissimo da comprendere in quanto ““La Società si fa obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalita? analoghe o ai fini di pubblica utilita?, sentito l’organismo di controllo (se costituito) di cui all’articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge.

E’ quindi importante premettere che in caso di scioglimento l’eventuale patrimonio sarà distribuito tra gli associati.

CIl principio di non temporaneità del vincolo associativo vale a dire che quando si effettua uan richiesta per diventare socio di una associazione e che la domanda è stata accettata (con conseguente verbale nominale inserito a Libro Verbali e il nominativo inserito a Libro Soci) si diventa soci a vita e non si deve rifare ogni anno la domanda di ammissione ma solo pagare la quota annuale: nello statuto va inserito:  “È esclusa espressamente la temporaneita? della partecipazione alla vita associativa“. “Il rapporto associativo ha durata di un esercizio sociale e si rinnova tacitamente di anno in anno se non intervengono le cause di perdita della qualita? di Associato di cui all’art. 5. (…) La decadenza discende automaticamente dal mancato pagamento per un esercizio del contributo associativo diIl mancato pagamento del contributo annuale e? causa di decadenza dell’Associato dal rapporto associativo.

  1. La negazione del principio di voto singolo: Nelle Associazioni No profit  vale il principio una testa è uguale a un voto e questo viene sancito dall’articolo 2538 comma 2 del Codice Civile.
  2. L’obbligo di approvazione del Rendiconto di gestione da parte dell’Assemblea dei Soci entro 4 mesi dalla chiusura dell’anno sociale.
  3. La clausola di intrasmissibilità e non rivalutabilita? della quota o contributo associativo (ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte).
  4. Il diritto di voto degli associati per le modifiche allo Statuto.

A questo punto abbiamo ben capito che gli Enti  no-profit, a differenza delle imprese, si caratterizzano per il fatto che l’attività svolta non è a scopo di lucro.  Il lucro costituisce un elemento fondamentale di distinzione e caratterizza la vera natura delle due realtà; inoltre la normativa concede agevolazioni e diritti speciali per gli Enti No profit proprio perché l’attività delle stesse è legata a una sorta di volontariato nell’ambito del settore dell’attività esercitata e non con carattere commerciale.

Vediamo uno specchietto delle principali differenze :

PROFIT NO-PROFIT
 

Si costituiscono solo mediante atto notarile, in quanto la legge impone che il loro atto costitutivo abbia la natura di atto pubblico.

 

Si costituiscono mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata o registrata.

 

I soci sono tali in quanto detengono quote azionarie della società.

 

I soci possono essere fondatori – i firmatari dell’atto costitutivo – o effettivi – coloro che svolgono attività sportiva all’interno dell’Associazione -.

 

 

Lo scopo, in questo caso lucrativo, è volto alla trasformazione di materie prime o semilavorati per ottenere prodotti finiti da vendere ad altri operatori commerciali o agli utilizzatori finali.

 

Lo scopo, non lucrativo, è quello evidenziato dall’atto Costitutivo in conformità all’attività realmente svolta.

 

Si ha la distribuzione degli utili, in parte mediante accantonamento a riserve menzionate nello Statuto e la parte restante destinata agli azionisti.

 

Si ha il divieto di distribuire gli eventuali utili utilizzandoli per un eventuale forma di autofinanziamento.

 

Secondo principi civilistici sono obbligate a redigere il Bilancio d’esercizio; secondo principi contabili sono tenute a redigere anche il rendiconto finanziario.

 

La redazione del Bilancio sostituisce l’obbligo di redigere un rendiconto finanziario ed economico.

 

 

In caso di liquidazione o fallimento l’azienda è affidata ai liquidatori, i quali hanno il compito di pagare la maggior parte dei crediti rimasti sospesi.

 

In caso di scioglimento il patrimonio deve essere devoluto ad un altro ente associativo con le stesse finalità.

 

Pochi sono i vantaggi di cui usufruiscono per quanto riguarda la normativa fiscale.

 

Innumerevoli sono i vantaggi fiscali di cui suddetti enti possono godere, con particolare riferimento alle O.N.L.U.S.

Ma anche gli Enti no profit hanno caratteristiche e particolarità che contraddistinguono le varie situazioni

Possiamo infatti distinguere diverse fattispecie:

Le Associazione non riconosciute

Sono disciplinate dagli artt. 36 e seguenti del Codice Civile.
Le Associazioni in parola vengono definite “non riconosciute” in quanto sono prive di personalità giuridica.
Sebbene la legge consenta di dare vita ad un’Associazione non riconosciuta anche per mezzo di un semplice accordo verbale, la pratica invalsa, ed intuibili ragioni di funzionalità, fanno sì che l’Associazione non riconosciuta si costituisca, di regola, a mezzo di un atto scritto (contratto di associazione ), basato su due principali componenti:

  1. l’atto costitutivo, che dà vita all’associazione identificandone e fissandone gli elementi di avvio e di riferimento;
  2. lo statuto, destinato a regolare il funzionamento a regime dell’associazione.

Il contratto associativo non richiede forme particolari. È sufficiente una scrittura privata semplice, senza la necessità di ricorrere all’intervento di un notaio; non occorre che essa contenga specifici elementi, se non quelli richiesti dalla normativa fiscale .

Le caratteristiche strutturali di un’Associazione non riconosciuta possono essere così elencate:

  1. una forma di aggregazione aperta all’incremento od al ricambio degli associati (cosiddetta “struttura aperta”). Gli associati, teoricamente, potrebbero avere diritti ed oneri diversi tra loro (ad esempio, in relazione all’entità dei contributi da versare, ai diritti di voto, ecc.); ma è preferibile che si stabilisca tra loro parità di diritti e doveri. Si consideri oltretutto che detta parità, in linea generale o specifica, è un requisito richiesto per godere di determinate agevolazioni fiscali;
  2. autonomia patrimoniale – sia pure limitata – rispetto alle sfere patrimoniali dei singoli associati e ad eventuali creditori personali dei medesimi, che si sostanzia nel concetto di “fondo comune” ;
  3. attività finanziata primariamente con i contributi degli associati, ma anche con donazioni od erogazioni di terzi; oppure, ancora, con (limitate) attività di natura commerciale;
  4. delega della gestione associativa ad una o più persone fisiche, generalmente elette dall’assemblea degli associati per limitati periodi di tempo, oppure designate in sede di costituzione;
  5. estinzione per:
    • scadenza del termine di durata eventualmente fissato dallo statuto;
    • deliberazione dell’assemblea degli associati (ove esistente);
    • il venir meno di tutti gli associati;
  6. in ogni caso, gli eventuali residui attivi della liquidazione non potranno essere ripartiti tra gli associati superstiti, ma dovranno essere devoluti (a fini non lucrativi) per gli scopi eventualmente previsti dallo statuto; oppure – in mancanza dei medesimi – a quelli determinati dalla pubblica autorità.

Le associazioni riconosciute

Le Associazioni Riconosciute, previste e disciplinate dagli artt. 14-24 del Codice Civile, devono:

  • costituirsi con atto pubblico;
  • chiedere ed ottenere il riconoscimento della personalità giuridica;
  • risultare di conseguenza iscritte negli appositi registri previsti dalla legge.

Il riconoscimento della personalità giuridica, come principale conseguenza, assicura il beneficio della limitazione della responsabilità al patrimonio associativo.

La possibilità di acquisto di beni immobili da parte delle Associazioni Riconosciute è ulteriore e diretta conseguenza delle modalità di costituzione e dell’acquisizione della personalità giuridica.
Le fondazioni

Per le Fondazioni, disciplinate dagli articoli dal 14 al 35 del Codice Civile, valgono le medesime regole di riconoscimento esaminate per le Associazioni Riconosciute. Esse si costituiscono per atto pubblico o per disposizione testamentaria.

La particolare struttura di questi enti non rende infatti necessaria l’esistenza o la permanenza, al loro interno, del soggetto o dei soggetti “fondatori”.

La struttura giuridica della Fondazione non prevede la figura del socio (od associato, od altre figure assimilabili).
Il metodo ordinario con cui si costituisce una Fondazione è quello del lascito, da parte di uno o più fondatori, di un patrimonio vincolato al perseguimento di determinati scopi non lucrativi, che saranno non tanto mutualistici, quanto piuttosto di matrice sociale, culturale, solidaristica.
I comitati

Il Codice Civile non descrive in dettaglio la nozione di Comitato.

Il Comitato può essere definito come un ente, generalmente senza personalità giuridica, costituito da un ristretto numero di persone che si propongono la raccolta di fondi necessari a realizzare una determinata iniziativa.

I principali elementi qualificanti del Comitato possono essere così identificati:

  1. struttura chiusa del rapporto. Il Comitato si propone il raggiungimento del proprio scopo contando sull’opera di coloro che vi hanno dato vita, i cosiddetti “promotori”, i quali commisureranno le possibilità di successo del Comitato ai fondi che saranno stati in grado di raccogliere;
  2. scopo: deve essere non “interno” (ovvero “mutualistico”, a vantaggio dei membri dell’organizzazione), ma con preminente rilevanza “esterna”;
  3. durata: di regola i Comitati nascono per il varo di una iniziativa e si estinguono una volta realizzata la medesima, o preso atto dell’impossibilità di realizzarla;
  4. patrimonio: si costituisce non già attraverso apporti monetari dei fondatori e membri del Comitato (i quali, peraltro, potrebbero limitare il loro apporto all’opera prestata), ma attraverso i contributi di soggetti esterni all’ente (sottoscrittori), che ritengono di sostenerne il programma;
  5. disciplina della responsabilità: rispondono personalmente e solidalmente tutti i membri del Comitato.

La trasformazione di associazioni e fondazioni

La riforma societaria, in vigore dal 1 gennaio 2004, ha innovato profondamente le ipotesi di cambiamento della forma giuridica delle imprese.

Tra le varie modifiche apportate è stata prevista anche la possibilità della cosiddetta “trasformazione eterogenea”, che riguarda il passaggio da soggetti societari a soggetti differenti o viceversa.
Più in particolare, con riferimento agli enti esaminati nel presente opuscolo, sono state disciplinate la trasformazione eterogenea da società di capitali (art. 2500 – septies del codice civile) e quella in società di capitali (art. 2500 – octies).

La prima consente tra l’altro di passare da una società di capitali (ad esempio spa o srl) ad una associazione non riconosciuta o ad una fondazione, mentre la seconda disciplina (ugualmente assieme ad altri casi) la trasformazione in società di capitali di associazioni riconosciute e di fondazioni.
È da rilevare che non è prevista la possibilità di trasformare in società di capitali una associazione non riconosciuta, la quale conseguentemente prima di procedere alla trasformazione deve acquisire la personalità giuridica.

Coerentemente con l’innovazione introdotta in materia societaria anche le nuove disposizioni che hanno modificato dall’inizio del corrente anno la normativa sulle imposte sui redditi hanno provveduto a disciplinare gli aspetti fiscali relativi alla trasformazione eterogenea (art. 171 Testo Unico Imposte sui Redditi).


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novità decreto semplificazioni Legge 23 dicembre 2014 n. 190

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Decreto semplificazioni e Legge di Stabilità: le novità per Società e Associazioni sportive dilettantistiche

E’ importante commentare alcune novità introdotte recentemente con l’art. 29 del D.Lgs. 21 novembre 2014 n. 175 poichè sono state effettuate sostenziali modifiche  al sesto comma art. 74 del D.P.R.
633/1972, in materia forfetizzazione dell’Iva per i proventi derivanti sia da pubblicità sia da sponsorizzazioni raccolti
dalle società ed associazioni sportive dilettantistiche che si avvalgono dell’opzione ex L. 398/1991.
In particolare al sesto comma, terzo periodo le parole: «prestazioni di sponsorizzazione e» e «in misura pari ad un
decimo per le operazioni di sponsorizzazione ed» sono soppresse.
Con questa modifica pertanto vengono ricondotte nella regola generale della forfettizzazione della detrazione nella misura del 50
per cento anche le prestazioni di sponsorizzazione che sono state da sempre oggetto di incertezze applicative di estrema difficoltà,  parificando le due attività di natura commerciale  esercitate dalle associazioni o società sportivo dilettantistiche in aggiunta a quelle istituzionali.

La circolare 31/E del 30 dicembre 2014 è intervenuta a fornire i primi chiarimenti in merito alla novità normativa.
PREMESSA
Le associazioni sportive dilettantistiche e le società sportive dilettantistiche possono avvalersi oltre che dei regimi
contabili ordinario e semplificato anche di due altri regimi che prevedono la forfetizzazione del reddito:
– il regime forfetario generale disciplinato dall’art. 145 del Tuir;
– il regime forfetario di cui all’art. 2, comma 5, Legge 16 dicembre 1991, n. 398.
Tale ultimo regime è un regime opzionale, destinato alle associazioni sportive e alle società sportive dilettantistiche
che non abbiano conseguito, nel periodo d’imposta precedente, proventi derivanti dall’esercizio di attività
commerciali non superiori a 250mila euro.
Le associazioni sportive che accedono a tale regime devono inoltre avere le seguenti caratteristiche:
– forma giuridica di cui all’art. 73, comma 1, lett.c) del Tuir;
– affiliazione alle federazioni sportive nazionali riconosciute dal coni o agli enti nazionali di promozione
sportiva;
– esercizio di attività sportiva dilettantistica.
NOVITÀ INTRODOTTE DAL DECRETO SEMPLIFICAZIONI
Le associazioni sportive dilettantistiche che hanno optato per la legge 398/1991 applicano, ai fini dell’imposta sul
valore aggiunto, le disposizioni previste dall’art. 74, comma 6 del D.P.R. 633/1972.
L’art. 74 citato prevede che, agli effetti della determinazione dell’Iva, la detrazione di cui all’art. 19, D.P.R. 633/1972,
è forfetizzata con l’applicazione di una detrazione in via ordinaria pari al 50% dell’imposta relativa alle operazioni
imponibili. Lo stesso articolo inoltre prevede: per le prestazioni di sponsorizzazione la detrazione forfetizzata in
misura pari ad un decimo dell’imposta relativa alle operazioni stesse, quindi (10%); per le cessioni e concessioni di
diritti di ripresa televisiva o radiofonica la detrazione compete nella misura pari ad un terzo dell’imposta relativa alle
operazioni stesse; per i proventi commerciali generici comprese le prestazioni pubblicitarie, la detrazione è pari del
50% (C.M. 7 settembre 2000, n. 165/E); non sono soggette ad Iva invece le operazioni svolte per l’attività
istituzionale.
Il decreto semplificazioni ha ora eliminato la differenziazione tra prestazioni di sponsorizzazione e prestazioni di
pubblicità, facendo in modo che la detrazione forfetaria Iva sia unificata al 50% sia sui proventi di pubblicità, che per
quelli relativi relativi alle sponsorizzazioni ponendo finalmente fine al dubbio sulla natura dei proventi relativi alle
associazioni sportive che è stato oggetto, sino ad oggi, di innumerevoli contenziosi tributari, anche in seguito alle
diverse interpretazioni fornite dalla Suprema Corte.
Pertanto, dall’Iva gravante sui proventi di sponsorizzazione indicati in fatture emesse successivamente alla data di
entrata in vigore del decreto (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 277 del 29 novembre 2014, in vigore dal 13
dicembre 2014 ), le società che fruiscono della Legge 398/1991 potranno detrarre forfetariamente il 50% già con la
liquidazione del trimestre in corso (ottobre-dicembre 2014).
La relazione illustrativa al decreto semplificazioni sembra aprire, inoltre, alla possibilità che se ne possa dare
applicazione anche ai rapporti in essere o a quelli pendenti in contenzioso in un’ottica sia di semplificazione, ma
anche di “riduzione del contenzioso”.
La circolare esplicativa 31/E del 30 dicembre 2014 ha fornito prima chiarimenti in merito alle novità fiscali del D.lgs
175/2014 ed ha precisato che la previsione di un’unica percentuale (così come chiarito dalla relazione illustrativa
all’art. 29 del decreto) di detrazione forfettaria (50 per cento) per le operazioni di sponsorizzazione e pubblicità, è
stata adottata in un’ottica di semplificazione e di riduzione delle incertezze applicative causate dalla distinzione tra
pubblicità e sponsorizzazione, con particolare riferimento ai soggetti che adottano il regime di cui alla Legge
398/1991.
NOVITÀ INTRODOTTE DALLA LEGGE DI STABILITÀ 2015
La Legge di Stabilità 2015 (Legge 23 dicembre 2014 n. 190) al comma 710 dell’art. 1 ha previsto per le associazioni
sportive dilettantistiche una “speciale” rateazione in relazione agli avvisi bonari e agli avvisi di accertamento per i
quali si è già verificata la decadenza. In particolare, le associazioni sportive dilettantistiche, se decadute dalle dilazioni
di pagamento concesse relativamente agli avvisi bonari o agli avvisi di accertamento alla data del 31 ottobre 2014,
possono chiedere, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità 2015, un nuovo piano di
rateizzazione delle somme dovute alle condizioni previste dalle specifiche leggi vigenti.

La novità riguarda le dilazioni
relative ad imposte sui redditi, Iva e Irap. Non rientrano invece, nella nuova dilazione le somme iscritte a ruolo
concesse da Equitalia ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. 602/73.
La Legge di Stabilità 2015 ha inoltre modificato l’art. 25 comma 5 della L. 133/99 aumentando il limite di tracciabilità
dei pagamenti e degli incassi nei confronti delle società sportive dilettantistiche dagli attuali Euro 516,46 a Euro
1.000. Il limite di tracciabilità viene quindi “allineato” a quello previsto in materia di antiriciclaggio dall’art. 49 del D.
Lgs. 231/2007. L’inosservanza di tale obbligo comporta il disconoscimento del regime fiscale agevolato e
l’irrogazione della sanzione di cui all’art. 11 del Dlgs 471/97, da 258 a 2.065 euro.
Da ultimo le associazioni sportive dilettantistiche e le società sportive dilettantistiche che svolgono attività
commerciale hanno inoltre l’obbligo di inviare telematicamente il modello Eas entro 60 giorni dalla loro costituzione,
indicando una serie di dati previsti dal modello, pena la decadenza dal regime agevolato della Legge 398/1991. Sono
tenuti inoltre a inviare comunque il modello Eas entro il 31 marzo di ogni anno qualora ci siano delle variazioni nei
dati già comunicati. La legge di stabilità aveva previsto l’esenzione generalizzata dall’invio del modello Eas per tutte
le società e le associazioni sportive dilettantistiche iscritte al registro del Coni.

Tale norma è venuta meno in sede di
approvazione della legge di stabilità pertanto l’adempimento fiscale previsto dal D.L. 112/2008 resta in vigore.


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Legge 398/1991

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legge 398 1991

pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 295 del 17/12/1991

                                           In vigore dal 1-1-1992  

LEGGE 16 dicembre 1991, n. 398

Disposizioni tributarie relative alle associazioni sportive dilettantistiche.


Articolo 1

1. Le associazioni sportive e relative sezioni non aventi scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti ai sensi delle leggi vigenti, che svolgono attivita’ sportive dilettantistiche e che nel periodo d’imposta precedente hanno conseguito dall’esercizio di attivita’ commerciali proventi per un importo non superiore a lire 100 milioni, possono optare per l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche e dell’imposta locale sui redditi secondo le disposizioni di cui all’articolo 2. L’opzione e’ esercitata mediante comunicazione a mezzo lettera raccomandata da inviare al competente ufficio dell’imposta sul valore aggiunto; essa ha effetto dal primo giorno del mese successivo a quello in cui e’ esercitata, fino a quando non sia revocata e, in ogni caso, per almeno un triennio. I soggetti che intraprendono l’esercizio di attivita’ commerciali esercitano l’opzione nella dichiarazione da presentare ai sensi dell’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni. L’opzione ha effetto anche ai fini delle imposte sui redditi e di essa deve essere data comunicazione agli uffici delle imposte dirette entro i trenta giorni successivi.

2. Nei confronti dei soggetti che hanno esercitato l’opzione di cui al comma 1 e che nel corso del periodo d’imposta hanno superato il limite di lire 100 milioni, cessano di applicarsi le disposizioni della presente legge con effetto dal mese successivo a quello in cui il limite e’ superato.

3. comma abrogato dalla L. 13 maggio 1999, n. 133, come modificata dalla l. 21 novembre 2000, n. 342.


AGGIORNAMENTI

Il Decreto-Legge 30 dicembre 1991 n. 417 (convertito con modificazioni dalla Legge n. 66 del 6 febbraio 1992) all’art. 9 bis ha disposto che: “Alle associazioni senza fini di lucro e alle associazioni pro-loco si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398.”

La Legge 24 dicembre 2003 n. 350, all’art. 2 comma 31, ha disposto che: “Le disposizioni della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, e le altre disposizioni tributarie riguardanti le associazioni sportive dilettantistiche si applicano anche alle associazioni bandistiche e cori amatoriali, filodrammatiche, di musica e danza popolare legalmente costituite senza fini di lucro.”

La L. 13 maggio 1999, n. 133, come modificata dalla L. 21 novembre 2000, n. 342 (in in SO n.194, relativo alla G.U. 25/11/2000, n.276) ha disposto (con l’art. 25, comma 3) che “A decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 18 maggio 1999, l’importo fissato dall’articolo 1, comma 1, della legge 16 dicembre 1991, n. 398, recante disposizioni tributarie relative alle associazioni sportive dilettantistiche, come modificato da ultimo con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 novembre 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 285 del 5 dicembre 1998, in lire 130.594.000, e’ elevato a lire 360 milioni.”

La L. 27 dicembre 2002, n. 289 ha disposto (con l’art. 90, comma 2) che “A decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, l’importo fissato dall’articolo 1, comma 1, della legge 16 dicembre 1991, n. 398, come sostituito dall’articolo 25 della legge 13 maggio 1999, n. 133, e successive modificazioni, e’ elevato a 250.000 euro.”

Articolo 2

1. I soggetti di cui all’articolo 1 che hanno esercitato l’opzione sono esonerati dagli obblighi di tenuta delle scritture contabili prescritti dagli articoli 14, 15, 16, 18 e 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni. Sono, altresi’, esonerati dagli obblighi di cui al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

2. I soggetti che fruiscono dell’esonero devono annotare nella distinta d’incasso o nella dichiarazione di incasso previste, rispettivamente, dagli articoli 8 e 13 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, opportunamente integrate, qualsiasi provento conseguito nell’esercizio di attivita’ commerciali.

3. Per i proventi di cui al comma 2, soggetti all’imposta sul valore aggiunto, l’imposta continua ad applicarsi con le modalita’ di cui all’articolo 74, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

4. Le fatture emesse e le fatture di acquisto devono essere numerate progressivamente per anno solare e conservate a norma dell’articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e dell’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Sono fatte salve le disposizioni previste dalla legge 10 maggio 1976, n. 249, in materia di ricevuta fiscale, dal decreto del Presidente della Repubblica 6 ottobre 1978, n. 627, in materia di documento di accompagnamento dei beni viaggianti, nonche’ dalla legge 26 gennaio 1983, n. 18, in materia di scontrino fiscale.

5. In deroga alle disposizioni contenute nel testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il reddito imponibile dei soggetti di cui all’articolo 1 e’ determinato applicando all’ammontare dei proventi conseguiti nell’esercizio di attivita’ commerciali il coefficiente di redditivita’ del 3 per cento e aggiungendo le plusvalenze patrimoniali.

6. Con decreto del Ministro delle finanze, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, saranno approvati i modelli di distinta e di dichiarazione d’incasso di cui al comma 2 e stabilite le relative modalita’ di compilazione.


Articolo 3

1. Il premio di addestramento e formazione tecnica di cui all’articolo 6 della legge 23 marzo 1981, n. 91, e successive modificazioni, percepito dai soggetti di cui all’articolo 1, non concorre alla determinazione del reddito dei soggetti stessi.

Articolo 4

1. Le cessioni dei diritti alle prestazioni sportive degli atleti effettuate dalle associazioni sportive di cui alla presente legge sono soggette all’imposta sul valore aggiunto con l’aliquota del 9 per cento.

associazioni proloco.

2. Per le associazioni sportive dilettantistiche, comprese quelle non riconosciute dal CONI o dalle Federazioni sportive nazionali purche’ riconosciute da enti di promozione sportiva, che si avvalgono dell’opzione di cui all’articolo 1 della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, non concorrono a formare il reddito imponibile, per un numero di eventi complessivamente non superiore a due per anno e per un importo non superiore al limite annuo complessivo fissato con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro per i beni e le attivita’ culturali:

a) i proventi realizzati dalle associazioni nello svolgimento di attivita’ commerciali connesse agli scopi istituzionali;

b) i proventi realizzati per il tramite della raccolta pubblica di fondi effettuata in conformita’ all’articolo 108, comma 2-bis, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, in materia di formazione del reddito complessivo.

3. A decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 18 maggio 1999, l’importo fissato dall’articolo 1, comma 1, della legge 16 dicembre 1991, n. 398, recante disposizioni tributarie relative alle associazioni sportive dilettantistiche, come modificato da ultimo con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 novembre 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 285 del 5 dicembre 1998, in lire 130.594.000, e’ elevato a lire 360 milioni.

4. Alla legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, recante disposizioni tributarie relative alle associazioni sportive dilettantistiche, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nell’articolo 1, il comma 3 e’ abrogato;

b) nell’articolo 2:

1) al comma 3, le parole: “quinto comma” sono sostituite dalle seguenti: “sesto comma”;

2) al comma 5, le parole: “6 per cento” sono sostituite dalle seguenti: “3 per cento”.

5. I pagamenti a favore di societa’, enti o associazioni sportive dilettantistiche di cui al presente articolo e i versamenti da questi effettuati sono eseguiti, se di importo superiore a lire 1.000.000, tramite conti correnti bancari o postali a loro intestati ovvero secondo altre modalita’ idonee a consentire all’amministrazione finanziaria lo svolgimento di efficaci controlli, che possono essere stabilite con decreto del Ministro delle finanze da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. L’inosservanza della presente disposizione comporta la decadenza dalle agevolazioni di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, recante disposizioni tributarie relative alle associazioni sportive dilettantistiche, e l’applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, recante riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi. (*)


(*) AGGIORNAMENTO

La L. 21 novembre 2000, n. 342 ha disposto (con l’art. 37, comma 4) che la sostituzione dei commi 1, 2, 3, 4, 7 e 8 decorre dal 1° gennaio 2000 e che “restano salvi tutti gli atti adottati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge e non si fa luogo a recuperi, a rimborsi d’imposta o applicazione di sanzioni nei confronti dei soggetti che anteriormente a tale data hanno assunto comportamenti, ovvero hanno corrisposto o percepito le indennita’, i rimborsi o i compensi, conformemente alle disposizioni di cui all’articolo 25 della legge 13 maggio 1999, n. 133, recante disposizioni tributarie in materia di associazioni sportive dilettantistiche, e a quelle del decreto del Ministro delle finanze 26 novembre 1999, n. 473?.

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LEGGE 21 novembre 2000, n. 342

Misure in materia fiscale

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.276 del 25-11-2000 – Suppl. Ordinario n. 194

In vigore dal 10-12-2000

Testo aggiornato al 26-2-2014

Art. 37.

Disposizioni tributarie in materia di associazioni sportive dilettantistiche

1. Nel testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 13-bis, comma 1, concernente detrazioni per oneri, la lettera i-ter) e’ sostituita dalla seguente:

“i-ter) le erogazioni liberali in denaro, per un importo complessivo in ciascun periodo di imposta non superiore a due milioni di lire, in favore delle societa’ sportive dilettantistiche, a condizione che il versamento di tali erogazioni sia eseguito tramite banca o ufficio postale, ovvero secondo altre modalita’ stabilite con decreto del Ministro delle finanze da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400?;

b) all’articolo 65, comma 2, concernente oneri di utilita’ sociale, dopo la lettera c-septies) e’ aggiunta la seguente:

“c-octies) le erogazioni liberali in denaro, per un importo non superiore a due milioni di lire o al 2 per cento del reddito d’impresa dichiarato, a favore delle societa’ sportive dilettantistiche”;

c) all’articolo 81, comma 1, concernente redditi diversi, la lettera m) e’ sostituita dalla seguente:

“m) le indennita’ di trasferta, i rimborsi forfettari di spesa, i premi e i compensi erogati nell’esercizio diretto di attivita’ sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall’Unione nazionale per l’incremento delle razze equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalita’ sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto”;

d) all’articolo 83, concernente premi, vincite e indennita’, il comma 2 e’ sostituito dal seguente:

“2. Le indennita’, i rimborsi forfettari, i premi e i compensi di cui alla lettera m) del comma 1 dell’articolo 81 non concorrono a formare il reddito per un importo non superiore complessivamente nel periodo d’imposta a lire 10.000.000. Non concorrono, altresi’, a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale.”;

e) all’articolo 91-bis, comma 1, concernente detrazioni di imposta per oneri, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “, nonche’ dell’onere di cui all’articolo 13-bis, comma 1, lettera i-ter)”.

2. All’articolo 25 della legge 13 maggio 1999, n.133, recante disposizioni tributarie in materia di associazioni sportive dilettantistiche, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) i commi 1, 2, 3, 4, 7 e 8 sono sostituiti dai seguenti:

“1. Sulla parte imponibile dei redditi di cui all’articolo 81, comma 1, lettera m), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, in materia di redditi diversi, le societa’ e gli enti eroganti operano, con obbligo di rivalsa, una ritenuta nella misura fissata per il primo scaglione di reddito dall’articolo 11 dello stesso testo unico, e successive modificazioni, concernente determinazione dell’imposta, maggiorata delle addizionali di compartecipazione all’imposta sul reddito delle persone fisiche. La ritenuta e’ a titolo d’imposta per la parte imponibile dei suddetti redditi compresa fino a lire 40 milioni ed e’ a titolo di acconto per la parte imponibile che eccede il predetto importo. Ai soli fini della determinazione delle aliquote per scaglioni di reddito di cui al predetto articolo 11 del citato testo unico, la parte dell’imponibile assoggettata a ritenuta a titolo d’imposta concorre alla formazione del reddito complessivo.

2. Per le associazioni sportive dilettantistiche, comprese quelle non riconosciute dal CONI o dalle Federazioni sportive nazionali purche’ riconosciute da enti di promozione sportiva, che si avvalgono dell’opzione di cui all’articolo 1 della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, non concorrono a formare il reddito imponibile, per un numero di eventi complessivamente non superiore a due per anno e per un importo non superiore al limite annuo complessivo fissato con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro per i beni e le attivita’ culturali:

a) i proventi realizzati dalle associazioni nello svolgimento di attivita’ commerciali connesse agli scopi istituzionali;

b) i proventi realizzati per il tramite della raccolta pubblica di fondi effettuata in conformita’ all’articolo 108, comma 2-bis, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, in materia di formazione del reddito complessivo.

3. A decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 18 maggio 1999, l’importo fissato dall’articolo 1, comma 1, della legge 16 dicembre 1991, n. 398, recante disposizioni tributarie relative alle associazioni sportive dilettantistiche, come modificato da ultimo con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 novembre 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 285 del 5 dicembre 1998, in lire 130.594.000, e’ elevato a lire 360 milioni.

4. Alla legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, recante disposizioni tributarie relative alle associazioni sportive dilettantistiche, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nell’articolo 1, il comma 3 e’ abrogato;

b) nell’articolo 2:

1) al comma 3, le parole: “quinto comma” sono sostituite dalle seguenti: “sesto comma”;

2) al comma 5, le parole: “6 per cento” sono sostituite dalle seguenti: “3 per cento”.

5. I pagamenti a favore di societa’, enti o associazioni sportive dilettantistiche di cui al presente articolo e i versamenti da questi effettuati sono eseguiti, se di importo superiore a lire 1.000.000, tramite conti correnti bancari o postali a loro intestati ovvero secondo altre modalita’ idonee a consentire all’amministrazione finanziaria lo svolgimento di efficaci controlli, che possono essere stabilite con decreto del Ministro delle finanze da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. L’inosservanza della presente disposizione comporta la decadenza dalle agevolazioni di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, recante disposizioni tributarie relative alle associazioni sportive dilettantistiche, e l’applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, recante riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi”;

b) i commi 5 e 6 sono abrogati.

3. La legge 25 marzo 1986, n. 80, recante trattamento tributario dei proventi derivanti dall’esercizio di attivita’ sportive dilettantistiche, e’ abrogata.

4. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 si applicano dal 1° gennaio 2000. Restano salvi tutti gli atti adottati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge e non si fa luogo a recuperi, a rimborsi d’imposta o applicazione di sanzioni nei confronti dei soggetti che anteriormente a tale data hanno assunto comportamenti, ovvero hanno corrisposto o percepito le indennita’, i rimborsi o i compensi, conformemente alle disposizioni di cui all’articolo 25 della legge 13 maggio 1999, n. 133, recante disposizioni tributarie in materia di associazioni sportive dilettantistiche, e a quelle del decreto del Ministro delle finanze 26 novembre 1999, n. 473.

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registro IVA minori per A.S.D.

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Registro IVA Minori per le A.S.D. che optano per la Legge  398/1991

I regimi contabili delle associazioni sportive dilettantistiche sono comuni a quelli degli enti non commerciali. Il regime contabile può’ essere ordinario, semplificato, super semplificato, forfettario.

Trattando di associazioni occorre innanzitutto fare una premessa importante

Le associazioni sportive dilettantistiche seguono diversi obblighi contabili, a seconda che esse svolgano solo attività istituzionale ( prativa dello sport prescelto) o anche attività commerciale ( sponsorizzazione vendita gadget etc).contabilita asd

Nel caso svolgano attività istituzionale, non vi è nessun obbligo contabile, se non quello di rilevare le entrate e le uscite di cassa, con lo scopo di rendere trasparente la raccolta e l’impiego delle risorse finanziarie.


Quando, invece, l’associazione svolge anche attività di tipo commerciale, è necessario adottare un vero e proprio impianto contabile:
• regime ordinario o semplificato a seconda dell’entità dei ricavi;
• regime forfetario, previsto dalla L. 398/1991, della quale uno degli adempimenti obbligatorio sarà oggetto di questo articolo

• regime super semplificato, previsto dall’articolo 145 del t.u.i.r., che prevede un meccanismo forfetario di determinazione del reddito, con percentuali meno vantaggiose rispetto al regime forfetario di cui alla L. 398/1991.
Se vengono esercitate entrambe le tipologie di attività, l’associazione è obbligata ad adottare la contabilità separata.
In entrambi i casi esse devono redigere e approvare annualmente, entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, un rendiconto, che riassuma tutte le informazioni di carattere economico-finanziario riguardanti gli aspetti sia istituzionali sia commerciali. Tale rendiconto va approvato dalla assemblea dei soci convocata appositamente almeno una volta l’anno per questo motivo con criteri di democraticità di votazione previsti obbligatoriamente nello statuto depositato.

Attenzione: la convocazione dell’assemblea periodica è un atto obbligatorio ed è uno dei requisiti fondamentali che sta alla base della dimostrazione di democraticità e di partecipazione attiva alla vita e alle decisioni associative pertanto riveste elemento di particolare importanza anche nelle verifiche fiscali della guardia di finanza.

Ma occupiamoci ora di capire come funziona invece un altro elemento fondamentale dell’applicazione del regime della 398 ovvero la compilazione del Registro IVA Minori introdotto dal decreto ministeriale dell’11 febbraio 1997.

Il Registro IVA Minori rappresenta un elemento contabile obbligatorio che ogni associazione che decide di optare per l’applicazione della L. 398 è tenuta ad avere e non è soggetto a vidimazione iniziale ovvero non deve essere autenticato prima della sua messa in uso né da un notaio ( come avviene invece per il libro soci e il libro delle assemblee) né da  enti territoriali di competenza.

La compilazione del registro deve tenere presente il tipo di attività commerciale che si esercita in aggiunta a quella istituzionale che, deve ritenersi accessoria e non principale.

Tale attività commerciale può generare entrate  soggette a diverse categorie di aliquota IVA ( 4%, 10% 22%) che debbono essere annotate  entro il 15 del mese successivo a quello a cui si fa riferimento. Tale registro, istituito originariamente non per gli Enti non commerciali ma per contribuenti minimi, deve essere adattato da ogni Associazione riportando le voci di entrata che interessano.

Trimestralmente andrà invece fatta la liquidazione IVA  avendo cura di determinare applicando all’IVA a debito (cioè sull’IVA incassata) le seguenti detrazioni forfettarie:

– 50% sull’IVA incassata per i proventi commerciali generici come pubblicità, prestazioni di servizi, vendita di biglietti ecc. (si abbatte il 50% e si versa solo il 50% dell’IVA incassata con F24 );
– 50% sull’IVA incassata per le prestazioni di sponsorizzazione ( versamento del 50% dell’IVA incassata con F24 introdotto dalla Legge 23 dicembre 2014 n. 19);
– 1/3 sull’IVA incassata per le cessioni o concessioni di diritti di ripresa televisiva e di trasmissione radiofonica ( 2/3 dell’IVA incassata con F24 ) .
L’associazione non può in alcun modo recuperare  l’IVA sugli acquisti relativi al settore “commerciale”, in quanto inglobata nella detrazione forfetaria sopra indicata.

Ovviamente, pur non trattandosi di un registro che richiede vidimazione da parte di enti competenti, è necessario che segua un modello prestabilito  reperibile nei negozi buffetti o edipro o cartolerie anche online specializzate.

L’imposta, calcolata con gli abbattimenti di cui sopra, dovrà essere versata, entro il giorno 16 del secondo mese successivo al trimestre di riferimento, mediante Modello F24 in via telematica dal conto corrente bancario intestato all’Associazione, senza maggiorazione di interessi. I codici di tributo IVA da indicare nel Modello F24 di versamento dell’imposta sono i seguenti:

6031 per l’IVA del 1° trimestre,

6032 per IVA del 2° trimestre,

6033 per l’IVA del 3° trimestre,

6034 per l’ IVA del 4° trimestre.

E’ prevista la possibilità di avvalersi della compensazione e si è esonerati dal versamento dell’acconto annuale IVA, oltre che dalla presentazione della dichiarazione IVA annuale.

E’ opportuno ricordare che questo registro ha un’estrema importanza poiché se viene scelto il regime fiscale della 398/1991, si è in una situazione di “privilegio” fiscale: stiamo infatti usufruendo di un regime fiscale agevolato rispetto a tutte le altre imprese a carattere commerciale. Dunque, visto che il Registro IVA Minori è uno dei pochi obblighi di contabilità che ci viene imposto è bene rispettarlo, anche nell’ipotetica previsione di controlli fiscali o di una richiesta di visione del Registro stesso da parte della SIAE, l’organo al quale lo Stato ha riconosciuto un potere di vigilanza e controllo sulle attività delle Associazioni.

Come chiarito dalla Circolare n. 9/E del 24 aprile 2013 dell’Agenzia delle Entrate

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Circolare9-2013Agenzia-delle-Entrate 93.46 KB 899 downloads

Circolare9-2013Agenzia-delle-Entrate sulla L. 398, sulle quali l'Agenzia delle Entrate,...
 il mancato rispetto dell’obbligo di tenuta del Registro IVA Minori non comporta la decadenza dai benefici fiscali previsti dalla L. 398/1991 purché l’Associazione “sia in grado di fornire all’amministrazione finanziaria i riscontri contabili, quali fatture, ricevute, scontrini fiscali ovvero altra documentazione utile ai fini della corretta determinazione del reddito e dell’IVA. Resta fermo che qualora la società/associazione sportiva dilettantistica non sia in grado di produrre alcuna documentazione idonea a provare la sussistenza dei requisiti sostanziali per l’applicazione delle disposizioni di cui alla legge n. 398 del 1991, la stessa decadrà dal predetto regime di favore”.

In ogni caso è prevista una sanzione amministrativa da euro 1032 ad euro 7746.


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Esenzione Imu Enti no profit – enti religiosi

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tasi e imuEsenzione Imu Enti no profit – enti religiosi

L’esenzione Imu ( e tasi)  si basa sulla risoluzione del Ministero dell’Economia e delle Finanze 3 dicembre 2012 n. 1/DF, che ha chiarito alcuni aspetti inerenti all’esenzione IMU prevista per gli enti non commerciali che svolgono la propria attività senza scopo di lucro.

La stessa ha infatti identificato le modalita per l’esenzione stabilendo che è prevista solo per gli immobili destinati “esclusivamente” allo svolgimento di attività con modalità non commerciali.

Il regolamento emanato con decreto ministeriale 19 novembre 2012 n.200, ha definito all’art.3 i requisiti necessari per qualificare le attività non profit come svolte con modalità non commerciali.
I requisiti generali sono:

  1. a)  il divieto di distribuire utili o avanzi di gestione a soci, amministratori, ecc;
  2. b)  l’obbligo di reinvestire gli eventuali utili o avanzi di gestione per il perseguimento delloscopo istituzionale;
  3. c)  l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente, in caso di suo scioglimento, in favore di altroente che svolga un’analoga attività istituzionale;

L’ente, ai fini dell’esenzione, deve prevedere tali requisiti nello Statuto, da adeguare eventualmente entro il 31 Dicembre 2012, o (per gli enti ecclesiastici che non hanno Statuto) in un Regolamento redatto in forma di scrittura privata registrata, da tenere a disposizione dei comuni, ai fini dell’attività di accertamento e controllo.

L’estensione dell’esenzione anche agli immobili ad utilizzazione mista (istituzionale e commerciale), seppure pro quota, secondo determinati rapporti di proporzionalità, sarà possibile solo a partire dal periodo di imposta 2013.

L’art. 7, comma 1, lettera i), del D.Lgs. n. 504 del 1992, riconosceva l’esenzione dall’ICI a “gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’art. 87, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, e delle attività di cui all’art. 16, lettera a), della l. 20 maggio 1985, n. 222”.

La suddetta esenzione veniva riconosciuta quando ricorrevano contemporaneamente:

  • un requisito di carattere soggettivo, rappresentato dal fatto che l’immobile deve essere utilizzato da un ente non commerciale di cui all’art. 73 (ex art. 87), comma 1, lettera c) del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante il Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR);
  • un requisito di carattere oggettivo, in base al quale gli immobili utilizzati devono essere destinati esclusivamente allo svolgimento delle attività tassativamente elencate dalla norma e dette attività non devono avere esclusivamente natura commerciale.Per quanto riguarda il requisito soggettivo, occorre precisare che l’art. 73, comma 1, lettera c), del TUIR, fornisce la nozione di enti non commerciali, individuandoli negli “enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali”.

La norma in esame prevede, dunque, che nell’ambito degli enti non commerciali possono essere compresi:

  • gli enti pubblici, vale a dire gli organi, le amministrazioni dello Stato e gli enti territoriali;
  • gli enti privati, cioè gli enti disciplinati dal codice civile (associazioni, fondazioni e comitati) e gli entidisciplinati da specifiche leggi di settore.

Occorre precisare che nell’ambito degli enti privati non commerciali vanno ricompresi anche gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti secondo le previsioni dell’Accordo modificativo del Concordato Lateranense (legge 25 marzo 1985, n. 121 per la Chiesa cattolica) e delle intese tra lo Stato italiano e le altre confessioni religiose.

Affinché venga rispettato il requisito oggettivo richiesto dall’art. 7, comma 1, lettera i) del D. Lgs. n. 504 del 1992, occorre che gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali devono essere in concreto destinati esclusivamente allo svolgimento delle attività:

  • assistenziali
  • previdenziali
  • sanitarie
  • didattiche
  • ricettive
  • culturali
  • ricreative
  • sportive
  • e delle attività indicate dall’art. 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222, vale a dire le attività di religione e di culto, che sono “quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi a scopi missionari alla catechesi, all’educazione cristiana”.

Bisogna innanzitutto sottolineare che ai fini del riconoscimento dell’esenzione la Corte di Cassazione in varie sentenze (Cfr.: sentenze n. 10092 del 13 maggio 2005, n. 10646 del 20 maggio 2005) ha affermato che non rileva l’attività indicata nello statuto dell’ente, anche se rientrante tra quelle agevolate, ma l’attività effettivamente svolta negli immobili.

Le attività meritevoli di usufruire del regime di favore in materia di ICI erano:

  1. a) Le attività didattiche

Le attività didattiche sono quelle disciplinate dalla legge 28 marzo 2003, n. 53, tra le quali rientrano, in generale, le attività che conferiscono titoli riconosciuti.
Ai fini dell’applicazione della norma di esenzione è necessario che:

  • l’attività sia paritaria rispetto a quella statale; detta circostanza implica una serie di obblighi (ad esempio, l’accoglienza di alunni portatori di handicap, l’applicazione della contrattazione collettiva al personale docente e non docente, l’obbligo di pubblicità del bilancio, le caratteristiche delle strutture e l’adeguamento a standard previsti) ed offre la garanzia del rispetto delle caratteristiche che la legge ritiene imprescindibili nell’insegnamento;
  • la scuola adotti un regolamento che garantisca la non discriminazione in fase di accettazione degli alunni. Il regolamento potrà prevedere criteri di selezione nel caso in cui le domande di iscrizione siano superiori alle disponibilità di posti, ma non potrà stabilire limiti all’accesso (ad esempio: l’esclusione degli alunni che non hanno conseguito una certa media); e l’attività non debba chiudere con un risultato che superi il sociale.Dall’esame delle disposizioni che disciplinano la materia – in particolare la legge 21 marzo 1958, n. 326, che regola i complessi ricettivi complementari a carattere turistico-sociale, attuata con il D.P.R. 20 giugno 1961, n. 869; le disposizioni regionali sulla ricettività complementare o secondaria, che fissano le caratteristiche delle strutture, la tipologia dei gestori e la tipologia degli utenti – risulta che, per ottenere l’esenzione dall’ICI, devono sussistere le seguenti modalità di esercizio delle attività ricettive. Per la “ricettività sociale” (il cosiddetto housing sociale), è necessario che le iniziative mirino a garantire soluzioni abitative per bisogni speciali (ad esempio: centri di accoglienza, pensionati per parenti di malati ricoverati in ospedali distanti dalle proprie residenze, comunità alloggio); che si tratta di attività attraverso le quali gli enti rispondono al bisogno di sistemazioni abitative temporanee; che le attività ricettive siano dirette a sostenere i bisogni abitativi di categorie sociali meritevoli (ad esempio: pensionati per studenti, per lavoratori precari, per stranieri e strutture simili) anche per periodi protratti nel tempo (si tratta, in sostanza, di attività caratterizzate dall’attenzione a situazioni critiche).

E’ indispensabile sottolineare che per entrambe le fattispecie è determinante anche l’entità delle cosiddette “rette”, che devono essere di importo significativamente ridotto rispetto ai “prezzi di mercato”. In definitiva sono escluse dall’esenzione dall’ICI: le strutture, in possesso di autorizzazioni per “ricettività complementare”, che si comportano da albergo.

  1. b) Le attività di religione e culto

La norma di esenzione richiama tra le attività di religione e di culto solamente quelle di cui all’art. 16, lett. a), della legge 20 maggio 1985, n. 222, che, come innanzi precisato, sono “quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi a scopi missionari alla catechesi, all’educazione cristiana”. Pertanto, l’esenzione dall’ICI poteva essere riconosciuta solo agli immobili adibiti alle attività appena indicate.

Veniamo ora all’IMU. Gli artt. 3 e 4 del D.M. 19 novembre 2012 n.200, emanato ai sensi dell’art. 91-bis, comma 3, del D.L. 24 gennaio 2012, n.1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012 n.27, specificano i requisiti generali per lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività istituzionali.

In particolare, l’art.3 del suddetto decreto prevede che le attività istituzionali sono svolte con modalità non commerciali quando l’atto costitutivo o lo statuto dell’ente non commerciale prevedono:
a) il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’ente, in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge, ovvero siano effettuate a favore di enti che per legge, statuto o regolamento, fanno parte della medesima e unitaria struttura e svolgono la stessa attività ovvero altre attività istituzionali direttamente e specificamente previste dalla normativa vigente;

  1. b) l’obbligo di reinvestire gli eventuali utili e avanzi di gestione esclusivamente per lo sviluppo delle attività funzionali al perseguimento dello scopo istituzionale di solidarietà sociale;
    c) l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente non commerciale in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altro ente non commerciale che svolga un’analoga attività istituzionale, salvo diversa destinazione imposta dalla legge.

L’art.4 del suddetto decreto, prevede ulteriori requisiti.
– Lo svolgimento di attività assistenziali e attività sanitarie si ritiene effettuato con modalità non commerciali quando le stesse:
a) sono accreditate e contrattualizzate o convenzionate con lo Stato, le Regioni e gli enti locali e sono svolte, in ciascun ambito territoriale e secondo la normativa ivi vigente, in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico, e prestano a favore dell’utenza, alle condizioni previste dal diritto dell’Unione europea e nazionale, servizi sanitari e assistenziali gratuiti, salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall’ordinamento per la copertura del servizio universale;
b) se non accreditate e contrattualizzate o convenzionate con lo Stato, le Regioni e gli enti locali, sono svolte a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio.
– Lo svolgimento di attività didattiche si ritiene effettuato con modalità non commerciali se:
a) l’attività è paritaria rispetto a quella statale e la scuola adotta un regolamento che garantisce la non discriminazione in fase di accettazione degli alunni;
b) sono comunque osservati gli obblighi di accoglienza di alunni portatori di handicap, di applicazione della contrattazione collettiva al personale docente e non docente, di adeguatezza delle strutture agli standard previsti, di pubblicità del bilancio;

  1. c) l’attività è svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con lo stesso.
    – Lo svolgimento di attività ricettive si ritiene effettuato con modalità non commerciali se le stesse sono svolte a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio.

-Lo svolgimento di attività culturali e attività ricreative si ritiene effettuato con modalità non commerciali se le stesse sono svolte a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un corrispettivo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio.

-Lo svolgimento di attività sportive si ritiene effettuato con modalità non commerciali se le medesime attività sono svolte a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un corrispettivo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo dell’operazione.

L’art.5 del D.M. 19 novembre 2012 n.200, inoltre, disciplina l’individuazione del rapporto proporzionale prevedendo:
1. Il rapporto proporzionale di cui al comma 3 dell’articolo 91-bis del citato decreto-legge n. 1 del 2012, è determinato con riferimento allo spazio, al numero dei soggetti nei confronti dei quali vengono svolte le attività con modalità commerciali ovvero non commerciali e al tempo.
2. Per le unità immobiliari destinate ad una utilizzazione mista, la proporzione è prioritariamente determinata in base alla superficie destinata allo svolgimento delle attività diverse da quelle previste dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 504 del 1992, e delle attività di cui alla
lettera i), svolte con modalità commerciali, rapportata alla superficie totale dell’immobile.
3. Per le unità immobiliari che sono indistintamente oggetto di un’utilizzazione mista, la proporzione è determinata in base al numero dei soggetti nei confronti dei quali le attività sono svolte con modalità commerciali, rapportato al numero complessivo dei soggetti nei confronti dei quali è svolta l’attività.
4. Nel caso in cui l’utilizzazione mista, è effettuata limitatamente a specifici periodi dell’anno, la proporzione è determinata in base ai giorni durante i quali l’immobile è utilizzato per lo svolgimento delle attività diverse da quelle previste dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 504 del 1992,ovvero delle attività di cui alla lettera i) svolte con modalità commerciali.
5. Le percentuali determinate per ciascun immobile , si applicano alla rendita catastale dello stesso in modo da ottenere la base imponibile da utilizzare ai fini della determinazione dell’IMU dovuta.

Con la risoluzione n. 1/DF dello scorso 3 Dicembre, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha chiarito alcuni aspetti circa l’applicabilità dell’IMU agli enti ecclesiastici.
Richiamando la circolare n. 168/E del 26 giugno 1998, la risoluzione del Ministero, ribadisce la non applicabilità agli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti delle norme dettate dal codice civile in tema di costituzione, struttura, amministrazione ed estinzione delle persone giuridiche private
(tra cui il possesso di uno statuto), ma prevede la predisposizione da parte degli stessi enti di un regolamento, nella forma della scrittura privata registrata da tenere a disposizione dei comuni, che recepisca le clausole dell’art.10, comma 1, del decreto legislativo n.460 del 1997. Ciò significa che gli enti ecclesiastici devono, comunque, conformarsi alle disposizione di cui all’art.3 del regolamento n.200 del 2012, circa i requisiti per lo svolgimento di attività con modalità non commerciali.

La suddetta risoluzione, sottolinea l’applicazione dell’esenzione IMU agli immobili destinati esclusivamente allo svolgimento di attività con modalità non commerciali , e la decorrenza del 1° Gennaio 2013 per l’esenzione con riferimento al rapporto proporzionale.

Con questo riteniamo di essere esaustivi nella interpretazione fornita.


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