società sportive dilettantistiche lucrative cosa accade ora?
disciplina delle società sportive dilettantistiche lucrative ora cosa succede?
Profili civilistici dell’abrogazione della disciplina delle società sportive dilettantistiche lucrative
I commi 353 e 354 dell’art. unico della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di bilancio 2018) avevano previsto che le attività sportive dilettantistiche potessero essere esercitate con scopo di lucro in una delle forme societarie di cui al titolo V del libro quinto del codice civile.
La finalità lucrativa era stata sempre esclusa , sino a quel momento, per le società sportive dilettantistiche venendo a mancare in questo modo , quindi, l’elemento che, invece, è sempre stato alla base della ideazione e sviluppo delle società sportive dilettantistiche, e cioè l’assenza dello scopo di lucro, in deroga all’art. 2247 c.c.
Con l’art. 13 del decreto legge 12 luglio 2018, n. 87 recante “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese” (rimasto sul punto invariato anche a seguito della sua conversione con legge 9 agosto 2018, n. 96),vengono abrogati i commi con i quali nella Legge di Bilancio 2018 erano state istituite e regolamentate le Società Sportive Dilettantistiche Lucrative quindi la disciplina delle società sportive dilettantistiche lucrative viene, abrogata, sicché si pone il problema della sorte delle società già costituite (le quali, ovviamente, non potranno più fruire neppure delle limitate agevolazioni fiscali previste dalla legge di Bilancio 2018).
E con queste vengono meno anche le collaborazioni coordinate e continuative i c.d. “compensi sportivi”, disciplinati dagli articoli 67 e 69 del TUIR.
Rimane, invece, in vigore la previsione di cui al comma 367 secondo cui i rimborsi forfettari, i premi e i compensi di cui all’art. 67, c. 1, lett. m) Tuir non concorrono a formare il reddito per un importo non superiore complessivamente nel periodo d’imposta a 10.000 euro. ( ex 7500 euro)
L’entrata in vigore delle abrogazioni decorrono dal 14/07/2018, ossia il giorno successivo alla pubblicazione in G.U. del Decreto; tuttavia viene indicato che le disposizioni relative alle SSD lucrative di cui al comma 355 vengono abolite con “… effetto a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto”, ovvero retroattivamente per tutto l’esercizio 2018 determinando il fatto che tale normativa delle SSDL pur essendo in vigore al 1 gennaio 2018 è mai diventata pienamente operativa.
Per le SSD lucrative, per le quali erano previste agevolazioni fiscali in merito all’Ires ridotta al 50 % ed all’aliquota IVA ridotta del 10% per i servizi di carattere sportivo, la loro operatività necessitava di specifici provvedimenti finalizzati al loro ingresso nel mondo sportivo dilettantistico tra cui la previsione di un’apposita sezione nel Registro Coni oltre che la modifica agli statuti delle Federazioni, Discipline Associate ed Enti di Promozione per consentire di affiliare soggetti con finalità lucrative;
Anche l’effettiva riconduzione dei compensi sportivi nella disciplina delleCo.co.co. era subordinata, secondo una interpretazione logico-sistematica della disposizione contenuta nella Legge di Bilancio, ad un provvedimento del CONI di definizione delle mansioni in ambito sportivo in relazione alle quali sarebbe stato possibile erogare questa tipologia di emolumenti.
Di fatto con l’abrogazione di queste norme si ritorna ( un po come accade nel gioco dell’oca) per quanto riguarda la gestione dei collaboratori sportivi alla situazione esistente al 2017
È certamente da escludere che questa abrogazione abbia comportato una nullità sopravvenuta o successiva. Basti qui richiamare quanto recentissimamente affermato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte (Cass. SS.UU. 19 luglio 2018, n. 19282, in CNN Notizie del 20 luglio 2018, con commento Ruotolo – Boggiali, Per l’esercizio della professione forense ammesso solo il ricorso alle società tra avvocati), secondo cui «Infatti, non esistono nel nostro ordinamento casi di c.d. nullità successiva, ossia nullità conseguente a norme che, in deroga al principio generale secondo cui i requisiti di validità del negozio devono esistere nel momento in cui lo stesso viene posto in essere, stabiliscano – invece – che requisiti essenziali debbano esistere alla stregua della legge vigente e non solo nel momento genetico, ma anche in quello di produzione degli effetti. Né con tale figura possono confondersi i casi disciplinati dagli artt. 687, 800, 801 e 803 (revocazione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni) o dagli artt. 610, 615 e 618 c.c. (in tema di testamenti nelle forme speciali), che più esattamente attengono ad ipotesi di mera inefficacia sopravvenuta».
In altre parole, l’abrogazione della norma che legittimava la costituzione di società con determinate caratteristiche non comporta in alcun modo una sopravvenuta illegittimità di quegli enti che, in base a detta norma, sono venuti ad esistenza.
Il problema è, semmai, di disciplina applicabile, considerata, peraltro, l’assoluta mancanza di disposizioni volte a regolare la sorte o eventuali adempimenti cui siano tenute le società già esistenti.
Né il legislatore si è occupato – come pure è avvenuto in tempi relativamente recenti (è il caso, ad esempio, delle società a capitale ridotto, introdotte nel nostro ordinamento dall’art. 44 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, la cui abrogazione, ad opera della l. 9 agosto 2013, n. 99, di conversione del d.l. 28 giugno 2013, n. 76, fu accompagnata appunto dalla qualificazione delle s.r.l.c.r. già iscritte al registro delle imprese quali società a responsabilità limitata semplificata) – di procedere ad una riqualificazione della fattispecie.
Problema che si pone, soprattutto, tenuto conto delle previsioni statutarie imposte, a pena di nullità, dal citato comma 353, costituite dalla denominazione o ragione sociale, recante la dicitura «società sportiva dilettantistica lucrativa», e dall’indicazione, nell’oggetto o scopo sociale, dello svolgimento e l’organizzazione di attività sportive dilettantistiche; o, ancora, dal divieto per gli amministratori di ricoprire la medesima carica in altre società o associazioni sportive dilettantistiche affiliate alla medesima federazione sportiva o disciplina associata ovvero riconosciute da un ente di promozione sportiva nell’ambito della stessa disciplina; e, infine, dall’obbligo di prevedere nelle strutture sportive, in occasione dell’apertura al pubblico dietro pagamento di corrispettivi a qualsiasi titolo, la presenza di un «direttore tecnico» che sia in possesso di determinati requisiti.
E’ necessario tener conto, da un lato, che tali prescrizioni intanto avevano ragion d’essere in quanto volte ad assoggettare la società ad un regime (quello della s.s.d. lucrativa) che si connotava anche per un particolare regime tributario (sia pur “attenuato” rispetto a quello previsto per le s.s.d. senza scopo di lucro).
E, dall’altro lato, che nulla avrebbe impedito ad un’impresa in forma societaria e con scopo lucrativo di svolgere le medesime attività senza “fregiarsi” della qualifica di s.s.d. (lucrativa) e senza quindi accedere al suddetto regime.
Sicché è a quest’ultima ipotesi – ordinaria società commerciale lucrativa – che dovrebbero esser ricondotte quelle s.s.d.l. già costituite.
Sembra allora oggi inevitabile concludere nel senso che le anzidette clausole “obbligatorie”, inserite nell’atto costitutivo delle società sportive dilettantistiche lucrative per accedere al detto regime, possano oggi esser e riconsiderate alla stregua di scelte opzionali, la cui espunzione non potrà avvenire automaticamente, ma solo mediante formale modifica dello statuto o dei patti sociali volta alla loro eliminazione (e, se del caso, con contemporanea introduzione delle clausole delle società non lucrative ove si intenda divenire s.s.d. e fruire delle agevolazioni fiscali previste per le società di cui all’art. 90 della legge n. 289/2002).
La conclusione sembra valere anche con riguardo alla denominazione o alla ragione sociale, nella quale la dicitura «società sportiva dilettantistica lucrativa» appare ormai priva di valenza identificativa di una fattispecie, essendo venuta meno la suddetta disciplina e, quindi, avendo perso qualsiasi significatività rispetto ad un regime applicabile. Sotto tale profilo, una eventuale espunzione della predetta dicitura, benché non essenziale, può comunque essere opportuna al fine di eliminare qualsiasi dubbio di inquadramento.