Monthly Archives: Febbraio 2017

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Agenzie Viaggi: il franchising conviene?

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Agenzie Viaggi: il franchising conviene?

Le Agenzie Viaggi esame franchising quali soluzioni e e miglior modo di abbracciare il franchising, cosa serve cosa offre.

Spesso in fase di start up molti aspiranti imprenditori ” Agenti di Viaggio”  fanno uso e abuso delle adesioni a un franchising o a un network. Molte sono le ragioni di questa scelta e tra le più importanti  ricordiamo:
– ridotto capitale investito unito a un pacchetto ” chiavi in mano” eliminazione di spese obbligatorie assicurative, di direzione tecnica etc;
– accesso a più favorevoli condizioni  nel riconoscimento delle commissioni attive rilasciate dai Tour Operator e altri fornitori di servizi turistici;
– necessità di protezione e di formazione nella gestione dell’attività dell’Agenzia da parte di neo imprenditori che non provengono da questo settore;
– condivisione di piattaforme software (a volte anche della contabilità)  con ridotta manutenzione evitando una formazione specifica nella materia contabile e gestionale che viene di fatto spesso esercitata dall’Agenzia madre.
La scelta di aderire a un franchising è quindi spesso determinata dalla facilità di accesso a una professione che avviene in questo modo in via immediata per chi si affaccia per la prima volta nel settore turistico e senza necessità di effettuare la cosiddetta ” gavetta”  ovvero una formazione individuale  con esperienza diretta in altre agenzie che avrebbe lo scopo di prepararlo  sia a livello turistico che gestionale ( un agente di viaggi è un imprenditore come tutti gli altri e inserito in un mercato altamente difficile e competitivo). Altre volte invece è determinata dalla necessità di abbattere costi di gestione che, almeno in fase di start up, taglierebbero le gambe al neo imprenditore ancora prima di poter iniziare la propria attività.

Le agenzie già avviate invece preferiscono percorrere  la strada del ” Network” che consente loro di essere autonome conservando così il proprio marchio che li contraddistingue per serietà e qualità di servizio di consulenza turistica offerto senza per questo dover rinunciare alle migliori condizioni favorevoli offerte dall’unione consortile.
Tutto questo in un mercato altamente competitivo che nel corso degli ultimi anni ha visto le agenzie di viaggi sempre più perdere quote di mercato a favore di offerte più economiche e al ribasso conseguenza del fatto che sempre più spesso il cliente viaggiatore ha la percezione che l’agente di viaggio sia esclusivamente il venditore di un servizio e non un consulente professionale che può rappresentare la differenza tra un viaggio ordinario e un’emozione di viaggio straordinaria.
L’affiliazione quindi interviene spesso come una boccata d’ossigeno che si pone l’ambizioso obiettivo di traghettare l’agente di viaggio verso un percorso che possa garantire una maggiore stabilità e ottimizzazione di costi di gestione da una parte e costituire un brand affidabile e appetibile che rende una certa garanzia nei confronti del cliente finale dall’altra spingendolo a prenotare attraverso canali più sicuri e  garantiti da una figura professionale e certificata attraverso il marchio del franchising.
Nella realtà però accade spesso che chi aderisce a un franchising viene spesso lasciato al proprio destino per impossibilità di gestire una professione che di per se è poco controllabile e mal reagisce alle regole. ha un basso ricarico di rivendita ed è abituata a ” sopravvivere”  e ad “arrangiarsi” con molti stratagemmi  e sotterfugi.
Per catturare i potenziali affiliati i franchising utilizzano parole dosate attentamente che entrano nell’immaginario della persona affascinandola come ad esempio  “ Il settore turistico è in continua crescita ” oppure ” un lavoro indipendente di grande fascino nel settore turistico” o anche ” Il miglior modo di progettare il tuo futuro da imprenditore lavorando  divertendoti nel  settore più bello“.

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Ma vediamo quali sono generalmente le formule di affiliazione proposte e adattabili alle diverse esigenze sia economiche sia di indipendenza dal franchising stesso:

FORMULA  NETWORK,  come abbiamo visto prima è in genere quella scelta dalle agenzia già attive ma che sono in crisi di mercato e che sperano in questo modo di attirare nuova e migliore clientela. E’ una formula che viene anche scelta da chi è in fase di  start-up ma vuole mantenere una sua indipendenza sin da subito come ad esempio chi proviene da un’esperienza pluriennale lavorando in un’agenzia di viaggi e ha già un proprio portafogli clienti  che vuole sviluppare senza sostenere i costi completi di avvio. E’ una formula di franchising vero e proprio e prevede che l’agente di viaggi sia completamente autonomo sotto il profilo fiscale e imprenditoriale.

Si costituirà infatti sotto una propria identità giuridica ( impresa individuale o società), dovrà richiedere alla provincia di appartenenza l’autorizzazione ad operare come agenzia di Viaggi, nominerà il  proprio direttore tecnico e  dovrà completare tutte le pratiche fiscali/amministrative previste dalla specifica provincia di appartenenza. Sarà quindi legata al Franchising solo dal punto di vista di accordi commerciali e di identificazione nel marchio del franchising.

FORMULA FILIALE; questo particolare  accordo  invece prevede che l’affiliato (franchisee) diventi una unità locale dell’Affiliante (Franchisor) e quindi, sfruttando il fatto che che le procedure di apertura di una “filiale” sono molto semplici, economiche e veloci, l’affiliato di questa formula potrà iniziare più velocemente e più facilmente la sua attività imprenditoriale. In questo caso però il neo agente di viaggi sarà legato a filo stretto con l’agenzia madre perché ogni pratica di viaggio  effettuata sarà come se fosse stata fatta dall’agenzia madre e non si potrà avere una propria indipendenza prima che siano passati diversi anni.

FORMULA FREELANCE (CONSULENTE TURISTICO). Si tratta della formula più ” light” e molto libera di lavorare come consulente di viaggi con costi molto ridotti e piena libertà di movimento; più adatta a persone dinamiche e appassionate di viaggi e vacanze che vogliono muoversi liberamente per ” catturare ”  il cliente andandolo a trovare personalmente per concludere la propria pratica di viaggio. Questo modo innovativo di lavorare come agente di viaggi conferisce alla categoria una migliore qualifica di ” consulenza” elevando in maniera professionale il proprio lavoro.

Il consulente turistico  legato al franchising infatti non necessità di un negozio aperto;  non sostiene alcun costo e può lavorare liberamente attraverso il sito web, le email e il rapporto diretto con i propri clienti. Si tratta quindi di un sistema altamente moderno che permette di effettuare consulenza e prenotazione di un viaggio anche direttamente  a casa del suo cliente, evitando allo stesso di legarsi ad orari tipici delle agenzia di viaggio per scegliere le proprie vacanze. Questa formula,  come detto qualifica la figura professionale, facilita il cliente viaggiatore rendendogli un servizio di qualità e personalizzato  ( fidelizzazione  del cliente ) e permette all’agente di viaggi di lavorare anche part-time ( immaginiamo ad esempio  una donna/mamma )  con praticamente inesistenti permettendo quindi un più concreto avvicinamento costi/utile in un settore come quello delle Agenzie di Viaggi  che è caratterizzato da ricarichi spesso troppo bassi.

Concludendo, la scelta di aderire a un franchising ha la sua logica che deve trovare la motivazione nello stimolo e nella crescita professionale e non certamente nel ” lavorare senza complicazioni” instaurando un rapporto commerciale che possa durare nel tempo e nella reciproca convenienza. L’agente di viaggio deve avere come obiettivo quello di  migliorare sempre di più la propria offerta del mercato turistico, studiando, analizzando, facendo esperienza e osservando per poi cavalcare tutti i cambiamenti del settore aumentando così la propria professionalità nell’ottica di una consulenza turistica di qualità nel pieno  rispetto  verso i propri clienti, che rappresentano il cuore  della propria azienda.


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Le novità del decreto milleproroghe

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Le novità del decreto milleproroghe

Approvata in via definitiva la legge di conversione del decreto mille-proroghe (decreto legge 30 dicembre 2016, n. 244, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 304 del 30 dicembre 2016).

Dopo il via libera del Senato dello scorso 16 febbraio, anche la Camera, con 249 voti, 147 contrari e 3 astensioni, ha approvato la legge di conversione sulla quale ieri il Governo aveva messo la fiducia. Vediamo in sintesi le principali novità che interessano il lavoro contenute nel provvedimento, che dovrà ora essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale:

COLLOCAMENTO OBBLIGATORIO

Slitta dal 2017 al 2018 il termine per adempiere all’obbligo di assunzione di un disabile da parte delle aziende con almeno 15 dipendenti. Il Dlgs semplificazioni 2015 aveva infatti abrogato la disciplina transitoria prevista dall’articolo 2, comma 2, del Dpr 333/2000 per le aziende della fascia occupazionale “computabile” 15-35 dipendenti in base alla quale l’obbligo di assunzione scattava dopo 12 mesi dalla sedicesima assunzione, e fermo restando il termine degli ulteriori 60 giorni per adempiere dopo l’insorgenza dell’obbligo. Pertanto, in base alla previsione dell’articolo 3 del Dlgs 151/2015, era stato eliminato dal 1° gennaio 2017 il regime di gradualità dell’assunzione, il cui obbligo conseguentemente sarebbe scattato in automatico, salvo il termine dei 60 giorni entro cui adempiere. Pertanto le aziende con 15 dipendenti al 31 dicembre 2016 avrebbero dovuto procedere all’assunzione del disabile entro il 1° marzo 2017. Proprio in prossimità della scadenza, il Milleproroghe ha concesso alle aziende di questa fascia un ulteriore anno per attivare l’effettivo ingresso di un lavoratore disabile. L’obbligo pertanto decorre dal 2018, con la conseguenza che l’assunzione dovrà essere fatta decorrere non oltre il termine del 1° marzo 2018 (cioè nei 60 giorni successivi dall’insorgenza dell’obbligo stesso).

INFORTUNI

Slitta di 6 mesi, e cioè dal 12 aprile al 12 ottobre 2017, il nuovo obbligo di denuncia ai soli fini statistici degli infortuni con assenza di almeno un giorno (escluso quello dell’evento), previsto dall’articolo 18, comma 1, lettera r, del Dlgs 81/2008. Si tratta della notifica, da effettuare entro 48 ore dalla ricezione del certificato medico, che riguarda quegli infortuni che, per la durata ridotta (da 1 a 3 giorni escluso l’evento), sono esclusi dall’obbligo della denuncia di infortunio standard prevista dall’articolo 53 del Dpr 1124/1965.
Il Milleproroghe, intervenendo sul comma 1 bis dell’articolo 18 del Dlgs 81/2008, ha così modificato la decorrenza della “mini denuncia Inail”, spostandola da 6 a 12 mesi dall’entrata in vigore del decreto istitutivo del Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (il Sinp). C. LIBRO UNICO DEL LAVORO Viene prorogata di un ulteriore anno, e cioè dal 2017 al 2018, la decorrenza dell’obbligo di tenuta telematica del libro unico del lavoro presso il ministero. Si tratta della previsione introdotta dall’articolo 15 del Dlgs 151/2015, che originariamente fissava l’inizio dell’obbligo a partire dal 2017, e che subordinava lo stesso all’adozione di un apposito decreto ministeriale del Lavoro contenente le modalità tecniche e organizzative per rendere l’obbligo operativo. Poiché dal 2015 a oggi nessun decreto è stato adottato, né sono pervenute indicazioni anche amministrative da parte del Lavoro, era presumibile la proroga dell’obbligo, che è stata fissata al 2018.

D.DIS COLL

L’indennità di disoccupazione per i collaboratori verrà riconosciuta anche alle cessazioni avvenute tra il 1° gennaio e il 30 giugno di quest’anno. Il decreto Milleproroghe, infatti, ha prolungato l’efficacia di questo ammortizzatore sociale, la cui operatività si era conclusa a fine 2016. La Dis-coll, è stata introdotta in via sperimentale con il decreto legislativo 22/2015 con efficacia per il 2015 e successivamente prorogata per il 2016. Consiste in un’indennità con un importo di partenza pari al 75% del reddito medio mensile imponibile ai fini previdenziali dell’anno in cui è cessata la collaborazione e quello precedente. La possono richiedere i collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, senza partita Iva e non pensionati, iscritti in via esclusiva alla gestione separata dell’Inps (esclusi amministratori e sindaci) che hanno accreditato almeno 3 mesi di contributi dal gennaio dell’anno precedente la fine della collaborazione. La durata dell’indennità è pari alla metà dei mesi accreditati, ma comunque non può essere superiore a sei mesi.


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trattamento fiscale buono vacanza

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Trattamento fiscale buono vacanza

Una delle richieste che ci capita spesso da parte delle Agenzie di Viaggi riguarda il trattamento IVA e la documentazione fiscale da emettere sui buoni regalo;  sia quelli relativi ai vari cofanetti regalo in circolazione, sia e più frequentemente quelli che emettono di loro iniziativa e che riguardano importi incassati per viaggi che saranno successivamente richiesti dal cliente stesso o da altri soggetti cui questi buoni vengono regalati.

In pratica richiedo all’agenzia ( o lei stessa me lo propone) di acquistare un buono viaggio che sarà utilizzato per uno o più viaggi futuri per cui l’Agenzia di Viaggi incassa l’importo prestabilito ( il budget stabilito dal cliente) ma non sa nell’immediato quale viaggio o quali viaggi i clienti sceglieranno al momento in cui decideranno di avvalersi del buono emesso.

Le agenzie provvedono alla fatturazione dell’importo ma con varie interpretazioni e con molta confusione:

  • Alcune emettono una fattura ai sensi dell’art. 74 ter ( non si sa bene per quale destinazione )
  • Alcune emettono fattura come singolo servizio;
  • Alcune non emettono nulla ( non si sa cosa registrano.

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Pertanto con questo articolo cerchiamo di fare chiarezza e capire meglio come comportarsi in questi casi. Ad aiutarci è intervenuta l’Agenzia delle Entrate con una apposita circolare: la n° 21/3 del 22 febbraio 2011 la quale ci delucida sul fatto che la circolazione di un buono non comporta anticipazione della cessione del bene ( o la prestazione del servizio ) cui il buono stesso dà diritto e non assume rilevanza ai fini Iva.

In concreto quando l’Agenzia di Viaggi vende un buono ( sia esso un cofanetto regalo o un buono fatto in casa ) in realtà non eroga alcun servizio ma  si limita a promettere di effettuare un servizio di viaggio futuro tra l’altro usufruibile sia dallo stesso soggetto che lo ha acquistato anticipatamente sia da un altro soggetto (o più soggetti) al quale questo buono potrebbe essere regalato dal soggetto che lo ha acquistato.

Il documento da emettere quindi sarà una semplice fattura non soggetta ad IVA ( ai sensi dell’ art. 2 comma 3 del D.P.R. n. 633/72) che l’Agenzia stessa registrerà come credito nei confronti di un cliente specifico ed emetterà il documento fiscale vero e proprio  al cliente finale, per l’intero valore del servizio usufruito, valore comprensivo dell’ammontare del voucher o cofanetto regalo.
Perché questo trattamento? Perché ai sensi dell’art. 2 della legge IVA la cessione di un titolo di legittimazione ( Buono viaggio o buono sconto ) viene ricondotta nell’ambito applicativo dell’articolo 2 secondo il quale:

Non sono considerate cessioni di beni … a) le cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro;“.

E’ la stessa Agenzia delle Entrate  che, in base alla sopracitata circolare, perviene alla conclusione che queste deduzioni si rendono applicabili anche con riferimento ai “buoni acquisto o regalo acquistati da aziende per la successiva consegna gratuita a propri dipendenti o a clienti e fornitori per finalità promozionali e spendibili per un importo pari al valore facciale per l’acquisto di beni e/o servizi presso una rete di esercizi commerciali convenzionati.

Alla luce di quanto detto sopra vediamo quindi come si concretizza sia a livello giuridico che fiscale il rapporto instaurato con il cliente quando l’agenzia di Viaggi vende un buono vacanza da lei stesso prodotto:

1) Rapporto tra Agenzia di Viaggio emittente e cliente acquirente:
La cessione del  buono  effettuata dall’agenzia a favore del cliente che lo richiede non assume alcuna rilevanza ai fini dell’IVA ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lettera a), del DPR n. 633 del 1972. Va emessa fattura specificando che si tratta di un buono sconto vacanza. (il relativo pagamento assume carattere di “mera movimentazione di carattere finanziario”).

Dovrà essere, invece, fatturato separatamente, con aliquota ordinaria 22%, qualsiasi eventuale servizio accessorio prestato dall’Agenzia emittente verso corrispettivo specifico nei confronti del cliente se lo richiede (personalizzazione del buono con proprio logo, stampigliatura, consegna a domicilio, diritto di prenotazione etc.) perchè questo si configura come un servizio immediato prestato al cliente ed estraneo rispetto al buono.

2) Rapporto tra cliente acquirente  e beneficiario del buono:
Se l’acquirente del buono è un’azienda, la successiva eventuale distribuzione gratuita del buono acquisto ai dipendenti o a clienti e fornitori sarà anch’essa fuori campo di applicazione dell’IVA, ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lettera a), in quanto la circolazione dei titoli di legittimazione è assimilabile ad una mera movimentazione di carattere finanziario.

3) Rapporto tra beneficiario del buono e Agenzia di Viaggi emittente quando si riscuote il buono viaggio:
L’agenzia di Viaggi  quando si presenterà il beneficiario del buono dovrà calcolare l’intero importo del viaggio richiesto ed emetterà fattura relativa di conseguenza ( 74 ter, singolo servizio etc) per l’intero valore nominale di listino del viaggio in base alla destinazione/tipologia di viaggio prescelta. Se l’importo della prenotazione è superiore al valore del buono erogato dovrà richiedere la differenza prezzo stornando al cliente specifico il credito accumulato in contabilità dall’emissione  del buono. In questo caso il valore del buono sarà a valore facciale
Se invece il valore del buono è pari al valore della prenotazione effettuata ( viaggio richiesto) ma l’agenzia di Viaggi richiede un corrispettivo supplementare come diritto di prenotazione dovrà anche emettere  apposita fattura ( o ricevuta fiscale) per la fee richiesta ed è da considerarsi come nuovo corrispettivo.


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pubblicità associazioni no profit

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Pubblicità associazioni no profit

La pubblicità nelle associazioni sportive dilettantistiche e per una associazione culturale,esempi, flyer, volantini. Quali sono le differenze e le complicazioni e quali i metodi giusti per promuovere le attività sociali e aumentare la base associativa nel no profit.

Quando parliamo di no profit, molti presidenti e membri dei consigli direttivi di associazioni e amministratori nelle S.S.D. pensano che il ruolo del commercialista e della sua consulenza sia iniquo perché cosa ci vuole a gestire una attività no profit, si chiede all’amico dell’amico il quale fa tutto da solo ” per risparmiare” tanto  si va su internet e con il copia e incolla si trova tutto ma proprio tutto per fare un lavoretto ” fai da te” e si elimina un costo ” non necessario”

Bene oggi affrontiamo uno dei tanti argomenti ( ce ne sono migliaia) che riguardano il no profit e che può meglio inquadrare uno dei problemi più grandi che ci si trova ad affrontare nella gestione di un’attività no profit; ovvero la pubblicità. Vedremo come invece il ruolo del commercialista nella sua qualifica di consulente esperto ed informato può in alcuni casi indirizzare il consiglio direttivo sulla giusta strada da intraprendere per essere nel pieno rispetto della normativa vigente o per capire se si è davvero un’attività no profit oppure no e quindi si renda necessario cambiare la forma giuridica con la quale si sta esercitando una determinata attività.

Lo spunto per redigere questo articolo ci è venuto da una serie di considerazioni che abbiamo fatto e di quanto viene detto a volte erroneamente anche nella rete,  al fine di rendere una informazione che sia la più esaustiva e conforme e faccia conoscere e comprendere  nel modo giusto e con lo  spirito giusto.

In particolare questo articolo si pone l’ambizioso obiettivo di:


  • comprendere meglio l’importanza del ruolo del commercialista o dell’avvocato quale consulente dell’ente e non di mero adempimento burocratico/contabile ( come qualcuno vuol far erroneamente intendere);
  • ridimensionare o meglio riproporzionare tutto il terrorismo psicologico che viene perpetrato da alcuni consulenti anche in rete al solo scopo di ” catturare ” il cliente incutendo timore e paura;
  • sensibilizzare nel modo giusto chi non tiene conto di elementi fondamentali e di estrema importanza nell’esercizio della sua carica di presidente o consiglio direttivo dell’ente no profit.

Iniziamo subito con il dire che un’attività no profit non è un’attività commerciale ( tranne se si apre partita IVA e si esercita una parte commerciale non prevalente) quindi  il suo legame con la pubblicità e il marketing è praticamente inesistente: l’azienda commerciale si fa pubblicità per attirare nuovi clienti perché ha uno spirito imprenditoriale e il suo obiettivo è il profitto ( più vendo beni o servizi più guadagno, raggiungo il mio break even point e inizio a guadagnare). Quindi se il mio obiettivo è il profitto il no profit non fa per me e dovrò trovare il giusto inquadramento in una delle forme imprenditoriali previste dalla normativa vigente ( dalla ditta individuale alle varie forme di società di capitali).

Purtroppo è frequente vedere in giro ovunque si vada, volantini o ascoltare spot radiofonici che pubblicizzano attività no profit come se fossero vere aziende commerciali e questo rappresenta un grosso danno perché  potrebbe, in sede di verifica, accertare IVA e imponibile fiscale su tutti gli introiti dell’ente che sono stati nel tempo ( fino a cinque anni ) decommercializzati e trattati come semplici quote associative. Sfortunatamente la responsabilità di questi atti  cade soprattutto ai danni del presidente dell’associazione ( quasi mai si ripercuote anche sui consiglieri perché  il fisco non ha tempo e soldi da perdere nel perseguire tutti) che, pur agendo in buona fede, potrebbe diventare una vittima della sua stessa ingenuità, magari proprio spinto dall’amico o dal conoscente che già lo fa ed è furbo ( di solito si tende  a copiare quello che fa il nostro concorrente pensando sia giusto e  collaudato).

Quindi vediamo cosa invece deve correttamente fare l’ente no profit per ampliare la propria base societaria e quindi ottenere più fondi dai propri associati che serviranno a sviluppare i progetti cui l’ente si fa promotore. I fondi sono fondamentali per lo sviluppo di tutti i  progetti ed è per questo che l’ente può e deve “ diffondere e divulgare nello spirito associativo connesso all’attività svolta”.

Un’associazione no profit, qualunque forma essa prenda (associazioni culturali, onlus, volontariato, sportive etc) nasce in genere da una passione che viene condivisa da più soggetti che hanno in comune il fine di diffondere alla comunità un determinato messaggio, uno sport o un progetto umanitario e via dicendo.

Ovviamente l’unione fa la forza e un ente no profit ha necessità di reperire fondi che possono derivare da più direzioni:

1) versamento di quote sociali: a tal fine ricordiamo che essere associati ad un ente ha natura non temporanea ma dura nel tempo  e quindi l’ampliamento della base societaria costituisce la primaria fonte di finanziamento dell’ente anche legato a corsi specifici organizzati o prestazioni che l’ente fa nei confronti dei propri associati ed è per questo motivo che il contributo che viene dato dal socio all’ente viene decommercializzato e non ha natura commerciale/imprenditoriale. Per raggiungere questo fine l’ente può attivare varie forme di promozione ( anche volantini, cartelloni o spot radiofonici) ma diffondendo il giusto messaggio proiettato alla promozione dello spirito associativo e legato in modo stretto al fine che la propria attività istituzionale prevista dallo statuto  intende perseguire. Mai e poi mai l’ente può presentarsi in maniera aggressiva e con lo scopo implicito di ” catturare ” il cliente come invece spesso accade ( sconto se ti iscrivi , primi mesi gratis, se ti iscrivi in due paghi per uno etc). Un ente no profit non ha clienti ma ha associati non fa prezzi ma prevede quote di iscrizione e di partecipazioni ( come contributo) alle spese societarie che sono uguali per tutti. In casi eccezionali e solo se previsto da una specifica delibera del consiglio direttivo o da una particolare convezione approvata dal consiglio direttivo nei confronti di un ente specifico ( esempio il Comune o la Regione) può ridurre la quota di iscrizione o di frequentazione ai corsi. ( Famiglia numerosa, famiglia indigente, progetto specifico, partecipazione con contributo etc. La promozione quindi, con qualsiasi mezzo venga effettuata deve in primo luogo far conoscere i principi e le attività specifiche che si intendono perseguire al fine di invitare tutti coloro che condividono gli scopi ( soci ) o vogliano anche usufruire dei servizi istituzionali offerti ( soci e usufruitori)  ad associarsi, contribuendo in questo modo allo sviluppo dell’ente. Pertanto in questi messaggi dovrà essere ben evidenziato il nome dell’associazione e il tipo di ente (onlus, ASD, APS ecc….), che si tratta di un’associazione no profit, che le attività sono riservate ai soli soci. Potranno poi essere fornite informazioni come la descrizione delle attività proposte e le modalità per associarsi e il contributo richiesto sia per la quota associativa sia per eventuali corsi organizzati.

2) Se l’ente organizza eventi o ne ha possibilità può accedere a varie forme di sponsorizzazione effettuate al  solo scopo di incrementare il proprio patrimonio che servirà a finanziare le attività effettuate e il fine perseguito. In questo caso dovrà aprire una partita IVA e assoggettare ad IVA e a tassazione i propri introiti nello stesso modo previsto per le attività commerciali ed imprenditoriali ma con la differenza che in alcuni casi ci si potrà avvalere delle agevolazioni previste dalla Legge 398/1991. Questa attività essendo gestita come attività commerciale ha il duplice scopo di reperire fondi ma anche di far conoscere il proprio ente e quindi può avvalersi di forme pubblicitarie più evolute ma sempre nel rispetto della propria natura di ente no Profit.

3) Vendita di merci o servizi  autoprodotti o acquistati ( magliette della squadra di calcio, etc) e che fanno specifico riferimento a un’attività accessoria o connessa a quella esercitata istituzionalmente ( purché non effettuata in modo prevalente ). Anche in questo caso l’attività verrà gestita come attività commerciale e potrà essere pubblicizzata  nel rispetto della propria natura di ente no Profit.

E’ bene capire che il messaggio che si diffonde ha un’importanza sostanziale, come detto in precedenza se il mio obiettivo è il guadagno l’ente no profit è la forma sbagliata con la quale sto esercitando la mia attività e non potrò in nessun modo godere dei benefici fiscali previsti per il no profit e anzi sarò passibile di sanzione se continuo ad usufruirne.

Anche il modo con cui ci si presenta sul web ( ormai il 90% degli enti lo usa)  o sui social network come facebook dice chi  sono e cosa voglio. Ricordate che questi strumenti sono visibili dai miei potenziali associati futuri ma sono visti anche dai miei potenziali accertatori. Non posso mentire nel messaggio che trasmetto al mondo intero. Non posso utilizzare strumenti di marketing  e di grafica avanzata competendo magari con imprese commerciali che fanno la mia stessa attività ( il caso delle palestre ) se sono un ente no profit.  Non c’è spazio nel 2017 per chi non vuole conoscere o non capire l’azione che sta effettivamente compiendo. Ovvero lo spazio c’è ma non ci sarà comprensione né pietà da parte degli eventuali accertatori. Tanto più che dal 2011 La Guardia di Finanza tramite il progetto Ercole  ha stabilito e programmato di passare al setaccio tutti gli enti no profit  per vederci chiaro su chi effettivamente ha diritto di esserlo da chi si maschera dietro una facciata no profit al solo fine di evadere IVA e tasse. Quindi non dovrò chiedermi se la mia associazione sarà controllata ma quando. Per avere un’idea di cosa si sta effettivamente portando avanti nella lotta al no profit è sufficiente leggere questo articolo della Repubblica datato  2010 ma andando a ricercare nel web si incontrano migliaia di articoli legati alle verifiche dalla G.D.F. che hanno scoperto nel tempo false associazioni e nel quotidiano di noi professionisti sono anche frequenti purtroppo casi di vere associazioni che sono state sanzionate per ingenuità o perché i verificatori si sono appigliati a dei cavilli, a delle parole mal dette o mal scritte così come a dei comportamenti ingenuamente prodotti; purtroppo è estremamente difficile anche per un giudice tributario stabilire chi è onesto e sincero da chi non lo è affatto.

Nell’articolo si fa anche riferimento al fatto che a volte può essere anche un nostro collega commercialista che mi invita o mi asseconda ( o non mi dissuade) a costituire un ente no profit per aiutarmi ad evadere ed è proprio per questo motivo che abbiamo scelto questo articolo della repubblica e non altri tra i tanti.

Purtroppo è vero. Può capitarvi qualche collega commercialista che vi asseconda per prendervi come clienti e guadagnare qualche onorario in più  in modo assolutamente superficiale ma questo mette in serio rischio e pericolo voi stessi per primi oltre a contravvenire a quelle che sono le serie regole comportamentali in rispetto della normativa fiscale, giuridica e deontologia che tutti noi siamo chiamati a rispettare.

Quindi imparate anche a scappare via da queste “pseudo” consulenze e affidatevi solo a professionisti “seri” che dovrete valutare in base a delle considerazioni oggettive, attente e ben chiare. Che siate imprenditori o accettiate di assumere cariche istituzionali in un ente no profit non potete assolutamente permettervi alcuna ingenuità o affrontare queste situazioni come degli sprovveduti. Nessuno ci crederà!

Per concludere è necessario effettuare sempre un’attenta analisi delle azioni che si pongono in essere e che spesso per non conoscenza o ingenuità possono portare a fraintendere i veri scopi che si prefigge un’ente e a presumere che dietro una facciata no profit si nasconda invece una vera e propria attività commerciale.

Non celatevi  quindi dietro il risparmio forzato ma rivolgetevi sempre ad un consulente ( sia esso un avvocato o un commercialista) che possa chiarirvi bene i concetti del no profit e assistervi nella corretta stesura di un atto costitutivo e nella gestione dell’associazione ovvero dissuadervi dal farlo se percepisce che la vostra attività non può essere considerata no profit.

Ricordate che ogni atto, ogni parola e ogni azione possono essere equivocate o fraintese.

A questo scopo è utile osservare anche queste semplici regole:

1. Indicare sempre (in ogni atto e in ogni documento anche promozionale)   per esteso il nome della Associazione e la sua “natura”. Ad esempio Associazione Sportiva Dilettantistica, oppure Associazione di Promozione Sociale, Organizzazione non lucrativa di utilità sociale etc.

2. Scrivere in modo chiaro e non piccolo ( se avete un logo non deve esserci sproporzione tra logo e denominazione e la natura dell’ente ) che l’ingresso nelle strutture dell’Associazione è riservato ai soci.

3. Scrivete in modo inequivocabile che le attività sono riservate ai soci.

4. Se siete affiliati ad una disciplina sportiva del CONI (Federazione, APS, Ente di Promozione Sportiva etc etc.) inserite entrambi i loghi ( federazione + CONI ) insieme a quello del vostro ente e spiegate che le attività che esercitate  sono aperte a tutti i tesserati di quello specifico ente o federazione.

5. Se siete una ASD non potete differenziare le quote di partecipazione ai corsi se non relativamente alla frequenza di partecipazione in base al valore che avete dato a quello specifico corso. Inoltre non è possibile avvalersi di promotori dedicati al pubblico che hanno lo scopo di ” catturare il cliente ” spingendolo a sottoscrivere un abbonamento. 

6. Non “vendete” servizi! Proponete di associarsi al vostro ente e spiegatene bene gli scopi, i vantaggi e la voglia di ampliare la base associativa. Esprimete il vantaggio di associarsi per poter beneficiare dei servizi istituzionali offerti a un costo che deve rappresentare un  contributo alle spese.

7. Spiegate bene ai vostri associati che si iscriveranno a un’ente e che quindi sono associati non clienti. Per questo saranno chiamati a votare in assemblea e a poter dire la loro su ogni attività che si intende programmare. Spiegate bene loro che esiste un presidente e un consiglio direttivo che  debbono ben conoscere.

8. Nelle A.S.D. i tesserati sono anche associati e non è possibile procedere altrimenti tranne in alcune specifiche attività sportive le cui federazioni prevedono che si possano avere tesserati anche se non sono associati ( è il caso del Calcio, del Rugbi etc). Le motivazioni risiedono nel fatto che i cartellini dei giocatori hanno un valore e debbono essere liberamente scambiabili tra clubs.  Quando costituite una A.S.D. prima di redarre  l’atto costitutivo ( ecco a cosa serve un commercialista )  rivolgetevi alla vostra federazione di riferimento per comprendere cosa prevede e quali sono le sue regole. In questo modo potrete uniformare il vostro statuto alle regole specifiche previste dalla federazione di riferimento.

9. Evitate il copia e incolla per gli atti che dovete effettuare nella gestione del vostro Ente. Potete visionare degli schemi di riferimento ma ogni atto che esce fuori dal vostro ente deve essere elaborato e sottoscritto da un professionista consulente sulle vostre specifiche esigenze. Un professionista è per obbligo di legge anche assicurato e se effettua una consulenza sbagliata ne risponde deontologicamente, professionalmente  e con la propria assicurazione. Se sbagliate da soli con il copia e incolla ne rispondete personalmente e potreste essere chiamati a rimborsare tasse e imposte con sanzioni ed interessi con il vostro patrimonio personale. Nei casi più gravi potreste essere chiamati a rispondere anche penalmente.

10. Analizzate e studiate insieme ad un consulente professionista e un broker assicurativo le soluzioni assicurative più adatte all’attività che state svolgendo prevedendo tutte le possibili complicazioni a tutela dei vostri associati e dei terzi soprattutto se le vostre attività istituzionali prevedono eventi, gare o attività similari.

11. Date il giusto peso a tutti gli adempimenti obbligatori previsti per le vostre attività ( tutto deve essere compreso e affrontato ) come ad esempio le iscrizioni alla SIAE quando dovute, la redazione della Privacy e l’osservazione del D.Lgs. 81/2008 obblighi sicurezza sul lavoro quando si hanno dipendenti o collaboratori.


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obbligo notifica via pec

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Notifica via PEC obbligatoria dal 1° luglio 2017

E’ ufficiale, dal 1° luglio 2017 tutti gli avvisi e gli altri atti  inviati ai contribuenti dovranno essere notificati obbligatoriamente via posta elettronica certificata

A prevederlo  è l’articolo 7-quater, ( commi 6-7 e 8) del  Decreto Legge n. 193/2016, che quindi dispone l’obbligo della comunicazione telematica e certificata, definendo inoltre quali sono i soggetti interessati, cosa cambia con l’introduzione del nuovo obbligo e quali sono le conseguenze in caso di PEC inattiva.

Dal 1 luglio quindi non ci sono più scuse, i contribuenti interessati dovranno far riferimento alla propria P.e.c.  certificata ( e comunicata ) nella quale confluiranno tutti gli avvisi e gli atti notificata dalla pubblica amministrazione considerando per certo e notificato l’invio effettuato.

Le imprese e i professionisti dovranno quindi fare molta più attenzione alla gestione della loro P.E.C. prima di tutto rinnovando la stessa per più anni evitando così il rischio che possa essere cancellata dal gestore ma soprattutto dovranno in prima persona monitorarla giornalmente e non affidarla ad esempio al consulente fiscale  che la controlla per loro.

Sono ancora molti i casi in cui le imprese non conoscono bene il funzionamento della P.E.C. e a volte pensano che sia solo un obbligo legato alla costituzione della società ( la Pec in molti casi viene aperta dal Notaio) e quindi la trascurano lasciandola scadere.

I soggetti interessati da questo adempimento sono:

  • imprese individuali —> comunicazione Pec Registro imprese ;
  • le società di persone e di capitali—> comunicazione Pec Registro imprese;
  • le associazioni iscritte presso il registro imprese—> comunicazione Pec Registro imprese ;
  • i professionisti iscritti negli appositi albi –> comunicazione Pec Ordine professionale  ;
  • contribuenti non obbligati alla tenuta della P.E.C.  ma che ne abbiano fatto richiesta–> comunicazione Pec all’ente di riferimento ( comune , Equitalia etc)

Tutti questi soggetti dovranno  monitorare la loro P.E.C. su webmail o  gestore di posta elettronica giornalmente per verificare eventuale ricezione di un avviso. E’ possibile delegare un soggetto terzo,  come ad esempio un professionista o un  familiare entro il quarto grado, specificamente incaricato a ricevere le notifiche per conto del diretto interessato, secondo le modalità stabilite con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.

In questo caso, l’indirizzo comunicato nella richiesta ai fini delle notificazioni degli atti avrà effetto dal quinto giorno libero successivo a quello in cui l’ufficio attesta la ricezione della richiesta stessa.

Ovviamente con questo nuovo obbligo diventa molto importante la notifica dell’atto e il momento effettivo in cui la notifica stessa si considera effettuata.
Per il notificante, la notificazione si intende perfezionata nel momento in cui quest’ultimo riceve dal gestore del servizio di posta certificata la ricevuta di accettazione.
Per il destinatario, invece, la notificazione si intende perfezionata alla data di avvenuta consegna contenuta nella ricevuta che il gestore della casella di posta elettronica certificata del destinatario trasmette all’ufficio.

Quindi andranno conservati gelosamente tutti i files di invio e di ricezione della posta in oggetto

Se la casella PEC del destinatario risulta piena o non più valida o attiva, l’ufficio tenterà un nuovo invio dopo almeno sette giorni dal primo invio. Se anche questo secondo invio non va a buon fine, allora la notifica dell’atto si intende effettuata mediante deposito telematico dell’atto nell’area riservata del sito di InfoCamere scpa con pubblicazione del relativo avviso.

In tal caso, l’ufficio darà comunque notizia al destinatario dell’avvenuta notifica dell’atto a mezzo lettera raccomandata semplice, senza ulteriori adempimenti a suo carico.

L’art. 52 del decreto legge 90/14 ha aggiunto l’art. 16 sexies al DL 179/12 per cui, salvo quanto previsto dall’art. 366 c.p.c., quando la legge prevede che le notifiche di atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario, alla notifica in cancelleria può procedersi quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notifica presso l’indirizzo PEC, risultante da INIPEC e REGINDE.

Per questo motivo se la PEC non viene correttamente configurata o gestita ad esempio dal professionista incaricato ( avvocato o commercialista) potrebbero  verificarsi episodi  di  responsabilità professionali e deontologiche a carico del professionista stesso.

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la decisione del 20 giugno 2012 n. 10143 aveva già stabilito che “la domiciliazione “ex lege” presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi dell’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 c.p.c., non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine.”.

E’ importante ricordare che per le notifiche nei confronti di imprese e professionisti, tuttavia, tale modalità di notifica rappresenterà una mera possibilità per gli enti impositori e non un obbligo, come invece previsto per le cartelle esattoriali ma molto probabilmente gli enti perseguiranno questa strada molto più economica e sicura rispetto alle notifiche tradizionali.

 


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contributi Inps regime forfettario

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Inps e forfettari: regime contributivo agevolato

Contributi Inps scontati per tutti coloro che esercitano attività d’impresa o artigianale e ricadono nel regime forfettario. E’ possibile infatti per costoro richiedere il regime agevolato ma  occorre comunicare all’INPS l’intenzione di versare i contributi previdenziali in misura ridotta, secondo quanto è stato previsto nella  Legge di Stabilità 2016. L’Inps è intervenuta con il messaggio numero 286 del 25 gennaio 2016 e con la recente circolare numero 22 del 31 gennaio 2017 che troverete qui disponibile per il download.

download della circolare

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circolare inps numero 22 del 31-01-2017 56.02 KB 165 downloads

Artigiani ed esercenti attività commerciali: contribuzione per l’anno 2017 1....

Modalità di beneficio

Per usufruire della riduzione dell’importo da versare ai fini della contribuzione Inps (ridotta del 35% ) è necessario effettuare una comunicazione telematica all’INPS, da effettuare anche per coloro che hanno aperto una partita IVA nel regime forfettario 2015.
Fino allo scorso anno la comunicazione per la riduzione dei contributi INPS per le partite IVA nel regime forfettario doveva essere ripetuta entro il 28 febbraio di ogni anno, anche al fine di confermare la permanenza dei requisiti. La circolare circolare 22 del 31.01.2017 ha chiarito che coloro che intendono continuare ilregime agevolato non devono effettuare una nuova comunicazione.

Ricordiamo che per le persone fisiche in possesso dei requisiti richiesti, che svolgono o che inizino un’attività d’impresa, di arte o professione, il nuovo regime forfetario è quello “naturale”, resta comunque la possibilità di applicare il regime ordinario. Se si sceglie il nuovo regime fiscale agevolato,  si può  usufruire di una riduzione anche ai fini Inps.

La contribuzione, per chi aderisce al regime contributivo agevolato, è ridotta del 35%, sia su  quella calcolata sul  minimale, sia per quella calcolata sulll’eventuale reddito eccedente.

L’accreditamento ovviamente, nel caso di versamento ridotto e non versamento di contributo eccedente non sarà totale ma i mesi accreditati saranno proporzionalmente ridotti.

Se il titolare dell’impresa che rientra nel  regime forfetario si avvale di coadiuvanti o coadiutori, può attribuire ad essi una quota di reddito fino ad un massimo del 49%. In questo caso, la base imponibile su cui il titolare dovrà calcolare la contribuzione dovuta è data: dalla quota di reddito determinato forfettariamente ed attribuito al collaboratore fino ad un massimo del 49% e  da tutti gli altri redditi d’impresa che il collaboratore percepisce nel periodo d’imposta ( circolare INPS 29/2015).

Infine se si decide per la riduzione del 35% non si potrà  usufruire anche dei benefici contributivi legati all’età come:

  • riduzione contributiva del 50% per i soggetti titolari di trattamento pensionistico presso le Gestioni INPS con più di 65 anni (art. 59 comma 15 della L. 449/1997);
  • riduzione contributiva di tre punti percentuali per i collaboratori familiari di età inferiore a 21 anni (art. 1 comma 2 della L. 233/1990).

Appare ovvio che chi si trova in queste condizioni dovrà effettuare un calcolo di convenienza e scegliere di conseguenza perchè non potrà avere entrambi i benefici.

Come richiedere la riduzione

Per accedere ala riduzione è obbligatorio  presentare apposita domanda all’INPS, attraverso modalità diverse:

  • se si è già stati beneficiari del regime nel 2016 è possibile continuare ad avvalersi del regime qualora siano rispettati i requisiti di ricavi 2016 e le ulteriori condizioni richieste e  non si abbia espressamente rinunciato al beneficio. In questo caso non si deve ripresentare per il 2017 la comunicazione telematica;
  • se si è iniziato nel 2016 un’attività  per la quale si intende beneficiare nel 2017 del regime agevolato è necessario comunicare l’adesione entro il 28.2.2017. Se il termine non viene rispettato non sarà possibile accedere al regime contributivo per l’anno in corso. Si dovrà in tal caso presentare una nuova domanda, entro il 28 febbraio dell’anno successivo, e l’agevolazione decorrerà dal 1° gennaio del relativo anno (sempre che permangano i requisiti);
  • se invece  pur esercitando un’attività d’impresa, non si risulta ancora titolare di una posizione attiva presso le Gestioni IVS, va compilato e consegnato dall’Inps l’apposito modello cartaceo, specificando l’attività esercitata tramite l’indicazione del codice REA. Quanto indicato vale anche per i contribuenti che hanno iniziato l’attività dal 2015 o nni precedenti;
  • se si intraprende una nuova attività dal 1° gennaio 2017, e si posseggonono i requisiti richiesti occorre presentare telematicamente l’apposita dichiarazione di adesione, “con la massima tempestività rispetto alla data di ricezione della delibera di avvenuta iscrizione alla gestione previdenziale”. Se la domanda perviene all’INPS entro la data di avvio della prima elaborazione utile, ai fini della richiesta di versamento, al richiedente sarà applicata immediatamente la tariffazione agevolata e nel Cassetto Previdenziale saranno disponibili i modelli F24 precompilati con i codici INPS e le scadenze relative al nuovo regime.

Il regime contributivo agevolato cessa a partire dall’anno successivo a quello in cui sono venuti meno i requisiti stabiliti.

Se invece i requisiti per usufruire del regime agevolato,  seppur dichiarati, non sono mai esistiti in capo al dichiarante, il regime contributivo agevolato cesserà dalle sue origini ovvero saranno ripristinati i contributi ordinari a partire dall’anno in cui era stata inizialmente registrata l’adesione al regime agevolato.

L’uscita dal regime contributivo agevolato si verificherà, pertanto, nelle seguenti tre ipotesi:

  1.  venir meno dei requisiti che hanno consentito l’applicazione del beneficio;
  2. scelta del contribuente;
  3. comunicazione effettuata all’INPS da parte dell’Agenzia delle Entrate in cui si certifica che il soggetto richiedente non ha mai aderito al regime forfetario ovvero non ha mai avuto i requisiti per potervi aderire.

Nelle prime due ipotesi il regime ordinario verrà ripristinato dal 1° gennaio dell’anno successivo alla presentazione della dichiarazione di perdita dei requisiti o della domanda di uscita.

nell’ultimo caso invece, ovviamente, il regime ordinario verrà ripristinato  all’origine della richiesta effettuata.


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finanziamenti cinema 2017

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Finanziamenti Regione Lazio e Roma Capitale per la cultura. Aiuti per le imprese che vogliono internazionalizzarsi

Desideriamo segnalare alcuni interessanti finanziamenti previsti per la promozione della cultura. Il primo erogato dalla Regione Lazio premia la produzione di opere cinematografiche e audiovisive italiane, europee ed estere con un fondo stanziato per il 2017 in complessivi  9 milioni di euro. Le domande per usufruire dei finanziamenti vanno effettuate alla Regione Lazio entro e non oltre le ore 12 del 28 febbraio 2017, esclusivamente attraverso l’utilizzo della piattaforma  informatica prevista e visualizzabile a questo link alle seguenti condizioni:

  • le riprese devono essere ultimate entro i termini previsti dal bando;
  • devono essere riconosciute come ”’prodotto culturale”, sulla base del test di eleggibilità culturale inserito nel modello di istanza pubblicato annualmente;
  • devono essere realizzate in tutto o in parte sul territorio della Regione Lazio.
  • devono essere presentate in numero complessivo non superiore a sei da parte della stessa società.

Le spese eleggibili,  a rimborso percentuale, sono quelle sopra e sotto la linea di produzione, sostenute nel territorio della Regione Lazio.

Le società di produzione possono presentare istanza tenendo presente che  il 24 gennaio scorso è stato aperto lo sportello per la presentazione delle domande del fondo di rotazione che, con risorse pari a 1,25 milioni di euro, rappresenta la novità del 2017.

Un importante aiuto quindi alle start-up di produzioni audiovisive che interviene sull’avvio di nuovi progetti cinematografici mentre  il fondo regionale finanzia la fine del processo di produzione.

Altro importante aiuto deriva dal bando “Lazio Cinema International”, che nasce da una cooperazione (  assessorati alla Cultura e Sviluppo economico)  con cui vengono stanziati 10 milioni di euro di fondi europei (Por-Fesr 2014-2020) per le imprese del settore cinematografico e dell’audiovisivo.

Il bando è finalizzato a sostenere la realizzazione di coproduzioni internazionali. Lo sportello telematico per la compilazione del formulario, disponibile on line nella piattaforma GeCoWEB, sarà aperto fino alle ore 12 del 16 febbraio 2017. Maggiori dettagli sul sito della Regione Lazio.

Roma Capitale: bando europeo per la cultura

Pubblicato di recente dal Dipartimento Progetti di Sviluppo e Finanziamenti Europei di Roma Capitale e usufruibile fino al 10 febbraio 2017 il nuovo bando  che ha come ambizioso obiettivo quello di individuare potenziali partner dell’amministrazione capitolina per la partecipazione al bando europeo “Forme di finanziamento innovativo, modelli di governance e business per il riuso adattivo del patrimonio culturale”, che fa parte del programma Horizon2020.

Il progetto, per il quale Roma Capitale ha un’obiettivo ambizioso  è finalizzato a trovare forme di finanziamento moderne, modelli di governance e business che permettano il riuso adeguato di beni; perlopiù chiese, edifici storici, ma anche fattorie e paesaggi culturali in stato di degrado e non utilizzati.

Il bando integrale è pubblicato sul portale di Roma Capitale  sezione “Avvisi e ordinanze”.

Finanziamenti alle Pmi regionali che guardano ai mercati esteri

A partire dal 14 febbraio 2017 si potrà usufruire dei contributi approvati dalla “Regione Lazio” per il sostegno dei processi di internazionalizzazione delle Pmi del Lazio. Beneficiarie sono le piccole e medie imprese regionali, in forma singola o unite tra loro anche in via temporanea, in possesso dei requisiti di ammissibilità indicati nel bando, con riferimento al momento della richiesta, della concessione e dell’erogazione dell’aiuto.
Le aggregazioni stabili sono assimilate a Pmi in forma singola. In caso di aggregazione temporanea, le Pmi partner devono rispettare tutte le condizioni indicate nel bando.

Sono agevolabili “Piani di investimento per l’export” (Pie) che illustrano la strategia della singola impresa, ovvero, nel caso di aggregazioni temporanee, anche la strategia dell’intera aggregazione, rispetto all’apertura ai mercati esteri e, in coerenza con tale strategia, che prevedono la realizzazione di almeno due tra le seguenti attività:

1) Cooperazione industriale, commerciale e di export in mercati esteri ritenuti prioritari per la ricerca di collaborazioni industriali, commerciali e di esportazione di prodotti e di servizi regionali;

2) Acquisizione di servizi specialistici per l’internazionalizzazione; 3) Attività volte a migliorare, anche ai fini dell’esportazione, la qualità della struttura e del sistema produttivo e acquisire certificazioni attinenti alla qualità e alla tipicità dei prodotti e ai sistemi ambientali.

VALORE DEI PROGETTI: I progetti devono avere un valore minimo di 50mila euro, se presentati dalle imprese in forma singola, e di 100mila euro se in forma aggregata, e devono essere realizzati entro un anno dalla data di ammissione alla sovvenzione.

CONTRIBUTO: si tratta di un contributo a fondo perduto fino a un massimo di 100mila euro per le imprese in forma singola e di 250mila in caso di progetti presentati in forma associata.
AGEVOLAZIONE COMPLESSIVA non potrà superare in valore assoluto l’importo di 100.000 euro per i progetti presentati da PMI in forma singola e l’importo di 250.000 euro per i progetti presentati da Aggregazioni Temporanee.
DOMANDE: dal 14 febbraio 2017.

Le domande si possono presentare a partire dalle ore 12 del 14 febbraio 2017. Il bando integrale e maggiori dettagli sono disponibili sul sito della Regione Lazio.


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aliquote inps gestione separata 2017

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INPS  le nuove aliquote 2017 dopo artigiani e commer-cianti le aliquote per i professionisti ( e non).

Pubblicata la circolare inps n. 21 del 31/01/2017 con la quale si emanano  da parte dell’istituto le aliquote dovute per la contribuzione alla Gestione Separata per l’anno 2017. Sono fissate nel modo seguente:

Liberi Professionisti

Aliquote Soggetti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie 25,72% (25,00 IVS + 0,72 aliquota aggiuntiva)

Soggetti titolari di pensione o provvisti di altra tutela pensionistica obbligatoria 24%

Collaboratori e figure assimilate

Aliquote Soggetti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie 32,72% (32,00 IVS + 0,72 aliquota aggiuntiva)

Soggetti titolari di pensione o provvisti di altra tutela pensionistica obbligatoria 24 %

In merito alle aliquote di computo che si sono succedute nel tempo nella Gestione separata

Minimale – Accredito contributivo

Per l’anno 2017 il minimale di reddito previsto dall’art. 1, comma 3, della legge n. 233/1990, e` pari a € 15.548,00.

Conseguentemente,  a chi viene  applicata l’aliquota del 24 per cento, avrà l’accredito dell’intero anno con un contributo annuo di euro 3.731,52, mentre gli iscritti per i quali il calcolo della contribuzione avviene applicando l’aliquota maggiore avranno l’accredito con un contributo annuale pari a: – € 3.998,95 (di cui € 3.887,00 ai fini pensionistici).

  • per i liberi professionisti che applicano l’aliquota del 25,72 per cento – € 5.087,31 (di cui € 4.975,36 ai fini pensionistici)
  • per i collaboratori e figure assimilate che applicano l’aliquota al 32,72 per cento.

Reddito min.  annuo  Aliquota  Contributo min. annuo

€ 15.548,00                         24%                   € 3.731,52

€ 15.548,00                        25,72 %             € 3.998,95 (IVS 3.887,00)

€ 15.548,00                         32,72 %            € 5.087,31 (IVS 4.975,36)

Nel caso in cui non sia raggiunto il minimale entro la fine dell’anno, saranno accreditati i mesi corrispondenti al contributo versato (ai sensi dell’art. 2.

visualizza e scarica la circolare Inps

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Aliquote contributive inps redditi 2017. 122.94 KB 42 downloads

Gestione separata - art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335 -Aliquote...

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ministero sviluppo economico revisione cooperative

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revisione cooperative

La revisione delle cooperative

La revisione cooperativa ha quale scopo fondamentale quello di fornire agli organi amministrativi ( di norma consiglio di amministrazione o amministratore unico)  suggerimenti e consigli per migliorare la gestione ed il livello di democrazia interna  come da previsione normativa e  di accertare, anche attraverso una verifica della gestione amministrativo-contabile, la natura mutualistica dell’ente e la legittimazione dell’ente a beneficiare delle agevolazioni fiscali, previdenziali e di altra natura nel caso questa ne beneficiasse.

Novità introdotte dalla Legge Finanziaria 2018 (articolo 1, comma 936)

Attenzione: dal 2018 le cooperative non possono più avere un amministratore unico. Viene infatti prevista per legge e diventa obbligatoria  la nomina di un consiglio di amministrazione formato da almeno tre persone con prevalenza di soci.
La novità viene prevista dal nuovo comma (legge 205/2017) all’articolo 2542 del Codice Civile dove viene previsto  che a partire dal primo gennaio 2018 l’amministrazione delle società cooperative deve essere affidata a un organo collegiale formato da almeno tre soggetti. Questo vale per tutte le cooperative, siano esse soggette alle norme in materia di S.p.A. o S.r.l. Quindi anche alle cooperative che hanno meno di 20 soci oppure un attivo non superiore a un milione di euro non sarà più concessa la nomina di un amministratore unico.

Mandato triennale
Oltre la nomina del CDA viene altresì previsto che, al pari delle coop soggette alle norme in materia di S.p.A., gli amministratori non possono più essere nominati a revoca ma subentra l’obbligo del limite triennale ovvero non possono rimanere in carica per un periodo superiore a tre esercizi. Rimane invariato il vincolo che la maggioranza degli amministratori deve essere scelta tra i soci cooperatori. La norma vale anche e soprattutto per le cooperative di nuova costituzione dove  la norma impone che il C.d.A. sia l’unica forma di gestione possibile. Il problema si pone per tutte le cooperative che attualmente hanno un amministratore unico, oppure un C.d.A. con un numero inferiore a tre componenti. In tal caso si consiglia di convocare immediatamente un’assemblea per deliberare la nomina di un C.d.A.

Un’altra importante novità coinvolge il prestito sociale; la norma prevede che il finanziamento dei soci deve essere finalizzato al raggiungimento dell’oggetto e dello scopo sociale fissandone  anche il limite massimo che non può superare il triplo del patrimonio. Se la cooperativa ha attualmente in essere  un prestito che eccede tale limite, il rientro al di sotto del triplo del patrimonio deve avvenire gradualmente entro tre anni con facoltà di proroga in casi eccezionali giustificati con l’interesse dei soci prestatori.

Infine ampia importanza viene data all’eventualità in cui la cooperativa si sottragga all’obbligo della vigilanza ( revisione). Il comma 936 dell’articolo 1, introduce  infatti  sanzioni particolarmente gravi per le cooperative che si sottraggono alla vigilanza o che non rispettino le finalità mutualistiche. Tra le decisioni che l’ente di vigilanza ora può prendere ci sono:

  1.  cancellazione dall’albo delle cooperative;
  2.  scioglimento e devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici;
  3. sanzioni per le cooperative che non ottemperano alla diffida impartita dal revisore.
  4. O’obbligo di comunicazione dello scioglimento deciso dal revisore all’Agenzia delle Entrate per monitorare quei frequenti episodi di estinzione in tempi rapidi delle cooperative che vogliono eludere gli obblighi di legge.
  5. Introduzione della  figura del commissario ad acta per le irregolarità minori, riformando l’istituto della gestione commissariale.

La revisione

La revisione deve essere effettuata almeno una volta ogni due anni, tranne che per le cooperative sociali di cui alla legge n. 381/1991 e quelle edilizie di cui alla legge n. 59/1992, per le quali, invece, è prevista una revisione annuale. Viene effettuata di norma dal ministero dello sviluppo economico  se la società non ha scelto di aderire alla confcooperative o altro organismo abilitato ( Agci,  Legacoop, Unci e Unicoop)) nel qual caso la cooperativa viene sottoposta a revisione tutti gli anni dallo stesso ente  cui è associata.

Ma vediamo in dettaglio quali sono le principali caratteristiche della revisione che viene effettuata:

A)  Verifica dell’atto costitutivo

Analisi accurata dell’atto costitutivo e verifica che siano stati recepiti tutti i parametri necessari per la mutualità prevalente e soprattutto che siano stati inseriti i criteri per i ristorni;

B) Controllo della corretta predisposizione e invio agli organi competenti del  regolamento interno di cooperativa ex art. 6 Legge n. 142/2001 ..

C)  Analisi del corretto versamento del contributo biennale dovuto dalla cooperativa e del regolare versamento del 3% sugli utili.

A tal fine è possibile verificare la propria posizione contributiva nello stesso modo in cui lo faranno i revisori prescelti attraverso il collegamento al sito internet del Ministero dello sviluppo economico

verifica posizione contributiva ( contributo biennale e versamento del 3% sugli utili)

accedendo alla propria posizione la cooperativa anche attraverso il proprio commercialista potrà :

    • consultare la propria posizione contributiva
    • visualizzare i pagamenti effettuati con mod. F24
    • visualizzare gli accertamenti e correggere i modelli C17 inviati;
    • richiedere il riesamino degli accertamenti contributivi
    • rivedere i  parametri per calcolo tributi del 3%
  • richiedere eventuale  autorizzazione alla compensazione contributiva

a tal fine ricordiamo gli importi dovuti per l’ultimo biennio ( 2015/2016)

Il contributo dovuto dalle società cooperative per le spese relative alla revisione degli stessi enti è corrisposto, per il biennio 2015/2016:

Fasce e importo Parametri
Numero soci Capitale sottoscritto Fatturato
a) € 280,00 fino a 100 fino a€ 5.160,00 fino a€ 75.000,00
b) € 680,00 da 101a 500 da € 5.160,01a € 40.000,00 da € 75.000,01a € 300.000,00
c) € 1.350,00 superiore 500 superiore a€ 40.000,00 da € 300.000,01a € 1.000.000,00
d) € 1.730,00 superiore 500 superiore a€ 40.000,00 da € 1.000.000,01a € 2.000.000,00
e) € 2.380,00 superiore 500 superiore a€ 40.000,00 superiore a€ 2.000.000,00

Per fatturato deve intendersi il «valore della produzione» di cui alla lettera A) dell’articolo 2425 del Codice Civile.

D) Verifica dei libri sociali e dei registri obbligatori 

La cooperativa deve mettere a disposizione del revisore tutti i libri, i registri, i documenti e i dati necessari; amministratori e sindaci possono assistere alla revisione.

  • libro soci; 
  • libro adunanze delibere dell’assemblea;
  • libro adunanze delibere del Consiglio di Amministrazione;
  • libro adunanze delibere del Collegio Sindacale o del Comitato di Controllo, se nominato;
  • libro determinazione dell’amministratore unico 
  • libro degli inventari;
  • libro unico del lavoro;
  • registro degli infortuni;
  • registro beni ammortizzabili;
  • registro iva vendite;
  • registro iva acquisti;
  • registro carico stampati;
  • altri registri iva se tenuti (corrispettivi, tirature, ecc.)

E) Verifica dei contratti di lavoro dei soci e non soci  

Verifica del libro unico e controllo delle persone assunte, ( richiesta del socio di entrare in cooperativa, delibera di assunzione, contratti applicati verifica della parità di trattamento etc). Verifica che tutti i soci lavorino in modo paritario nella cooperativa e che agli stessi vengano assicurati criteri di pari opportunità e di mansioni adatte alla propria specifica competenza.

Attenzione: La commissione centrale cooperativa ha recentemente deliberato in merito alla posizione dell’amministratore Unico ( laddove sia prevista questa carica) che qualora non abbia una posizione derivante da lavoratore dipendente nella cooperativa ( es. consiglio di amministrazione) non possa in alcun modo esercitare la propria carica a titolo gratuito e pertanto v’è l’obbligo della corresponsione di un compenso sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa  ( alternativamente con fattura se provvisto di posizione autonoma).

F) Verifica della corretta iscrizione all’albo delle cooperativa nella specifica categoria di appartenenza.

G) Verifica della mutualità prevalente in nota integrativa  

Analisi e verifica della corretta indicazione effettuata nella nota integrativa del bilancio oggetto di periodo di revisione delle

Informazioni sulla gestione della vita cooperativa in regime di mutualità prevalente espresse ai sensi degli                                      Art 2545 – 2528 – 2463 del C/C e delle Informazioni sulla attività della Cooperativa ai  sensi dell’art. 2513 C.C. con particolare riferimento all’’art. 2 della legge 59/92 se al rispetto dei  criteri previsti dall’art. 26 D.L.C.P.S.n.1577.t.2513 C.C.

H) Verifica della  possibilità di avvalersi di terzi nell’esercizio dell’attività caratteristica;

I) Verifica della gratuità delle cariche ( amministratore unico ) o di eventuale previsione di compenso

mutualità prevalente in nota integrativa  

L) Verifica della  compagine societeria

Analisi delle variazioni intervenute nella compagine societaria dall’ultima revisione alla attuale con particolare riferimento alle modalità di approvazione dell’ingresso dei soci da parte del comitato direttivo; analisi dei versamenti delle quote effettuati in entrata e delle restituzioni erogate ai soci uscenti.

M)  Attività esercitata e relazione sulle possibilità di sviluppo della società

N) Eventuali cause in corso

O) Contributi  percepiti

P) Bollatura dei libri sociali.

Molto importante ai fini della verifica è anche la bollatura dei libri sociali e dei registri obbligatori. Ricordiamo che ci si dovrà presentare alla revisione ( ma anche nella gestione ordinaria) con i libri da vidimare e bollare nella seguente misura:

Libri e Registri soggetti a bollatura e marche

A norma dell’art. 2421 c.c. le società di capitali sono obbligate alla bollatura e alla numerazione dei seguenti libri:

  1. Il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee;
  2. Il libro delle determinazioni dell’amministratore unico o consiglio di amministrazione;
  3. Il libro soci.

A)pagamento della tassa  CC.GG di Euro 67,00 per ogni 500 pagine o frazioni di 500,  da effettuarsi con versamento tramite c.c.p. 6007 intestato Agenzia Entrate Uff. Roma 2- Bollatura e numerazione libri sociali oppure con marca CCGG dal tabaccaio di pari importo.

B) apposizione di Marca da Bollo da  Euro 16,00 ogni 100 pagine o frazioni di 100 Pagine.

Libri e Registri non soggetti a bollatura ma soggetti alle marche da bollo 

  1. Il libro giornale;
  2. Il libro inventari

Per questi due libri la  marca da bollo da apporre è  di Euro 32,00 ogni 100 pagine o frazioni di 100 pagine ( Circ. Agenzia Entrate del 22/10/2001)

Libri e Registri non soggetti né a bollatura né alle marche da bollo 

  1. Registri Iva acquisti, corrispettivi e fatture emesse;
  2. Registro dei beni ammortizzabili.

Q) Partecipazioni possedute in altre imprese.

Al termine delle verifiche viene predisposto un verbale che enuncia le caratteristiche verificate e lo stato di regolarità della posizione; il verbale deve essere trasmesso dal revisore al soggetto che gli ha attribuito l’incarico; nel caso in cui il revisore abbia rilevato irregolarità sanabili da parte della cooperativa, provvede ad irrogare una diffida per la regolarizzazione della posizione della società entro un congruo lasso di tempo e comunque non inferiore a 30 giorni e non superiore a 90.

Nel caso in cui il revisore non abbia potuto svolgere la propria attività di vigilanza per il comportamento ostativo dell’impresa o per la sua irreperibilità oppure perché, a seguito della diffida, la cooperativa non abbia ottemperato alle indicazioni ricevute, deve redigere una relazione di mancata ispezione da trasmettersi tempestivamente all’ufficio che ha disposto la revisione.

Entro 30 giorni dal ricevimento dei risultati conclusivi della revisione, il Ministero o le Associazioni di rappresentanza e tutela del movimento cooperativo devono redigere l’Attestato di Revisione secondo il modello approvato dal Ministero delle Attività Produttive.

Nel caso in cui le Associazioni di rappresentanza e tutela ritengano, valutati i risultati della revisione, che ricorrano le condizioni per l’adozione nei confronti della cooperativa dei provvedimenti di cui all’art. 12 del D.lgs. 220/2002:

  • cancellazione Albo Nazionale delle Società Cooperative, gestione commissariale – art. 2543 c.c.
  •  scioglimento per atto d’autorità – art. 2544 c.c.
  •  sostituzione dei liquidatori – art. 2545 c.c.
  •  liquidazione coatta amministrativa – art. 2540 c.c.).

Entro 30 giorni dal ricevimento del verbale, lo trasmettono all’Ufficio competente con la relativa proposta. Nel caso in cui l’Ufficio ritenga ricorrano i presupposti per l’adozione di provvedimenti, li adotta, se sono di sua competenza, oppure trasmette il verbale al Ministero delle Attività Produttive.

Nel caso in cui non ricorrano i presupposti per l’adozione di alcuno dei provvedimenti sopra indicati, entro 30 giorni restituisce, con nota motivata, il verbale  per il rilascio dell’Attestato di Revisione.

Cosa accade se la cooperativa non passa la revisione?

La revisione rappresenta un’analisi attenta dell’attività della cooperativa ma anche di come questa è stata costituita e soprattutto di come viene condotta. Se il revisore percepisce di essere di fronte a un soggetto giuridico che non ha i requisiti di mutualità prevalente o addirittura manca dei requisiti per essere una cooperativa può adottare seri provvedimenti tesi alla chiusura della stessa. Se infatti le problematiche sono tali che non si rende sufficiente una diffida a ripristinare la corretta conduzione della stessa può  emettere un provvedimento (emesso dall’autorità di vigilanza) per richiedere la  liquidazione amministrativa.

Questo può accadere se la cooperativa ha perso la pluralità dei soci, se dietro la forma della cooperativa si maschera ad esempio una società normale governata da pochi personaggi ( o uno solo), se i soci non partecipano ala vita cooperativa o non sono assunti regolarmente  e via dicendo.

Ovviamente la società può effettuare ricorso ma se non riesce a dimostrare le proprie ragioni  verrà fatta cessare coattivamente  sia ai fini fiscali mediante la cancellazione IVA sia ai fini giuridici mediante la cancellazione d’ufficio al registro delle Imprese ai sensi dell’articolo 2545-septiesdecies del codice civile.

Tra le altre cose il Ministero dello Sviluppo Economico, con Decreto ministeriale 03 novembre 2016,  ha individuato  i criteri per la determinazione e liquidazione dei compensi spettanti ai commissari liquidatori e ai membri dei comitati di sorveglianza delle procedure di liquidazione coatta amministrativa ed è commisurato a una percentuale sull’ammontare dell’attivo realizzato, corrispondente a questi parametri:
a)   12,71% se l’attivo non supera € 51.000,00 euro;
b)    8,47% sull’ eccedenza di  €  51.000,00 e fino a €  258.000,00;
c)  4,23% sull’ eccedenza di €  258,000,00 e fino a€  516.000,00;
d)  1,69 sull’ eccedenza di   €  516.000.00 e fino a  € 1.549.000,00;
e)  0.84% sull’ eccedenza di €1.549.000,00 e fino a € 5.165.000,00;
f)   0,70% sulle somme eccedenti €  5.165.000,00.

Ai fini fiscali, una recente risoluzione  dell’Agenzia delle Entrate del 1° febbraio 2017 n. 14/E ha chiarito che l’intera fase del procedimento adottato costituisce un unico periodo d’imposta e pertanto in questi casi  è possibile presentare un’unica dichiarazione dei redditi.


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sede secondaria in italia di società estera

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Sede secondaria in italia di società estera

La presenza delle società estere in Italia: disciplina giuridica e trattamento fiscale

Quando una società di diritto straniero intende operare all’interno del territorio italiano, deve costituirsi in forma di una S.r.l. o di una S.p.A. di diritto italiano (mantenendo quindi la propria identità di soggetto straniero ed il controllo e la gestione della propria attività commerciale nel paese d’origine) tuttavia solo per rappresentanza puo esercitare due opzioni :
-: la costituzione di un ufficio di rappresentanza;
– istituire una sede secondaria (stabile organizzazione).

A) L’ufficio di rappresentanza

Si apre l’ufficio di rappresentanza, quando la società straniera ha l’esigenza di essere presente sul mercato italiano, ma non è in grado o non ha voglia di sostenere i costi di costituzione e gestione di una succursale, di una sede secondaria o di una società figlia di diritto italiano.
Ovviamente questa soluzione rappresenta la forma operativa più agile, consente di promuovere i prodotti, l’attività od i servizi della società estera direttamente in loco, con bassi costi di costituzione e gestione e senza acquisire soggettività tributaria di diritto italiano.

Quindi l’ ufficio di Rappresentanza rappresenta una sede fissa sul suolo italiano che svolge funzioni puramente ed esclusivamente promozionali e pubblicitarie, di raccolta di informazioni, di ricerca scientifica o di mercato.

Per questo motivo l’’Ufficio di Rappresentanza ha una funzione esclusivamente ausiliaria o preparatoria per la penetrazione dell’impresa straniera sul mercato italiano, (ad es., la sola esposizione, acquisto e deposito di beni, raccolta di informazioni, pubblicità, ricerca) e non può svolgere attività produttive o commerciali in senso proprio.

In sintesi, l’Ufficio di Rappresentanza deve svolgere soltanto un’attività promozionale della società, senza esercitare direttamente alcuna attività imprenditoriale (di produzione o di vendita), costituendo un mero centro di costo il cui responsabile non ha alcun potere di decidere o di impegnare la società di fronte a terzi.
L’ufficio di rappresentanza per la società estera si registra presso L’Agenzia delle Entrate di competenza dove ha posto la sede di rappresentanza e richiedendo il codice fiscale. Successivamente va fatta l’iscrizione al Registro delle imprese ma solo ai fini del repertorio delle notizie Economiche ed Amministrative (R.E.A.. Per ottenere questo viene tradotto con perizia giurata presentata al tribunale di competenza tutto l’atto costitutivo e lo statuto della società in lingua italiana.

Premesso questo, l’Ufficio di Rappresentanza così costituito non subisce alcun carico fiscale, dato che l’Ufficio non produce alcun reddito, mentre i suoi costi sono fiscalmente e integralmente deducibili per la società madre.

L’Ufficio di Rappresentanza non essendo qualificabile come stabile organizzazione, non è soggetto agli obblighi previsti per le sedi secondarie.

Nell’ordinamento italiano, l’Ufficio di Rappresentanza non ha obblighi di iscrizione presso il registro delle imprese, di deposito dell’atto costitutivo e dei bilanci e può ottenere il rimborso dell’I.V.A. pagata per costituire l’Ufficio e per mantenerne l’operatività.

B) La sede secondaria

Quando si apre la sede secondaria, (cosiddetta stabile organizzazione) di una società estera si intende effettuare anche nei fatti attività produttive o commerciali, con l’effetto di divenire soggetto di imposta in Italia. In questo caso quindi la società estera non è solo rappresentata ma ha anche poteri di agire per sviluppare la sua presenza nel mercato italiano.

L’art. 162, co. 1, Tuir (modificato dal D.Lgs. 12.12.03, n. 344), identifica la stabile organizzazione in una “sede fissa di affari in cui l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività”. In tal senso, può aversi stabile organizzazione anche quando l’insediamento svolga una soltanto delle diverse fasi del processo economico d’impresa, quale quella produttiva, commerciale, finanziaria, etc., in quanto siano qualitativamente e quantitativamente significative rispetto all’attività tipica dell’impresa.

L’apertura della sede secondaria a differenza dell’ufficio di rappresentanza deve obbligatoriamente passare per la costituzione effettuata con un atto notarile, e successivamente si perfeziona con l’iscrizione al Registro delle Imprese, entro trenta giorni dalla costituzione. In questo caso va indicata la sede secondaria in Italia un preposto della società che deve necessariamente avere una procura
La sede secondaria ha una normale tassazione come tutte le persone giuridiche nel nostro paese ( SRL- SPA etc) e se produce reddito in Italia, è soggetta alla normale tassazione Ires.

C)  Lo svolgimento di attività commerciale tramite un intermediario alla struttura societaria: l’agente di commercio

Una terza possibilità di svolgere affari in Italia per una società estera è quella di nominare un rappresentante ( agente o rappresentante di commercio) che svolga la sua attività per conto della società straniera. L’agente, una volta nominato stabilmente può concludere contratti in nome della società estera in una determinata area.
Se viene nominato un agente, la società estera conclude direttamente il contratto di fornitura promosso dall’agente e tutti gli obblighi di responsabilità inerenti a tale contratto faranno capo esclusivamente alla società estera. Se l’agente ha anche la rappresentanza la società estera darà mandato al rappresentante di concludere egli stesso il contratto con il cliente; in tal caso le responsabilità e gli obblighi inerenti alle condizioni contrattuali saranno esclusivamente del rappresentante (agente di commercio). L’agente può essere una persona fisica o una società.

Per concludere facendo il punto della situazione distinguiamo quindi tra stabile organizzazione materiale e stabile organizzazione personale” “La stabile organizzazione materiale, infatti, si configura quando il non residente opera in un Paese attraverso una sede fissa dotata di una autonomia funzionale, mentre quella personale si realizza quando il non residente opera in un Paese non attraverso una sede fissa, ma attraverso un agente che agisce in nome e per conto del non residente con il potere di obbligarlo.

Affinché sia presente materialmente una stabile organizzazione dovranno necessariamente  essere presenti tre requisiti:

  • elementi oggettivi: con con riferimento ai criteri di individuazione del luogo, fisso o meno, in cui l’attività viene svolta.
  • elementi soggettivi: riguardano il collegamento del soggetto con il luogo di svolgimento dell’attività ed il periodo in cui tale collegamento si manifesta.
  • elementi funzionali: ovvero con specifico riferimento al tipo di attività svolta nel luogo fisso; attività che deve essere idonea alla produzione di un reddito.

The presence of foreign companies in Italy: legal and tax treatment rules

When a foreign company intends to operate within the Italian territory, it must constituted in the form of a SRL or a SPA with Italian law (thus maintaining its foreign subject identity, the control and management of its commercial activities in the country of origin),

however only representative office of the company can exercise two options:
-: The establishment of a representative office;
– set up a branch (permanent establishment).

A) The representative office

They open representative office, when the foreign company has the need to be present on the Italian market, but is not able or did not want to sustain the costs of formation and management of a branch office, a branch or a subsidiary of Italian law.
Obviously this solution is the most agile operating form, allows you to promote products, services or the activities of foreign companies directly on site, with low establishment costs and management and without acquiring tax liability under Italian law.

So l ‘Representative Office is a fixed place on Italian soil that plays purely and exclusively promotional and advertising functions, collection of information, scientific or market research.

For this reason the ‘Representative Office has a solely auxiliary or preparatory function for the firm’s foreign penetration in the Italian market (eg., The only exposure, purchase and storage of goods, information collection, advertising, research) and can not perform productive or commercial activity in the strict sense.

In summary, the representative office may only carry out a promotional activity of the company, not directly exercise any business activity (production or sales), constituting a mere cost center whose manager has no power to decide or to bind the company before third parties.
The representative office for foreign companies register with the Inland Revenue of competence where he placed the representative office and requesting the codice fiscale. Subsequently to be done the registration to the Registrar of Companies but only for the purpose of the repertoire of the news Economics and Administrative (REA. To get this is translated as a sworn expert report submitted to the competent court throughout the memorandum and articles of association of the company in Italian .

So, the Office of Representation thus constituted does not suffer any tax burden, given that the Office does not produce any income, while its costs are fully deductible for tax purposes and the mother company.

The Representative Office is not being qualified as a permanent establishment is not subject to the requirements for branch offices.

In Italian law, the representative office has no obligations to register in the register of companies, incorporation and filing of financial statements and may obtain reimbursement of Vat paid to constitute the Office and to ensure continuous operation.

b)  The branch

When you open the branch, (so-called permanent establishment) of a foreign company wants to carry out in the productive or commercial activity made with the effect of becoming taxable entity in Italy. In this case then the foreign company is not only represented but also has powers to take action to develop its presence in the Italian market.

The opening of the branch unlike representative office must go to the constitution made by a notary, and later finalized with the registration in the Companies Register, within thirty days of the constitution. In this case is omitted from the secondary office in Italy a person in charge of the company that must necessarily have a power of attorney
The branch has a normal taxation as all legal persons in our country (SRL- SPA etc) and if it generates income in Italy, is subject to normal taxation IRES.

C) Conducting business through an intermediary to the corporate structure: use a commercial agent

A third possibility to do business in Italy for a foreign company is to use a representative (agent or representative of trade) that carries on business on behalf of the foreign company. The agent, once permanently appointed may enter into contracts on behalf of the foreign company in a given area.

Foreign investors who intend to set a company in Italy should well know italian market and the taxation system and italian law in our country and the incentives they may benefit from if they run certain types of activities. The main types of taxes in Italy are direct and indirect and each of them includes a series of other  taxes  such as tax on the income of the company (IRES), regional tax on productive activities  (IRAP) and the municipal tax, Vat ( Iva) that is 22% registration tax etc.

The most important tax a company has to pay in Italy is the income tax, called IRES, at a rate of 24.50% calculated on the income obtained by the company. Foreign companies are required to pay this tax calculated on the income obtained in Italy.

Another important tax for companies is VAT, at a standard rate of 22%, but with variations for certain categories of goods and services. The minimum rate for VAT is 4% and there is a reduced rate of 10% for certain businesses stipulated by the law.

Registration taxes

At the beginning of every business in Italy, the entrepreneurs must pay registration taxes for registering documents, buying a property, concluding certain contracts etc. The rates of the registration tax vary according to the type of transaction. Other taxes that must be paid by companies are: stamp duties, taxes for occupation of the public spaces, on advertising, excise duties etc.


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